L’evoluzione del mercato automobilistico e del potere d’acquisto negli ultimi sessant’anni ha cambiato radicalmente il rapporto tra stipendi e costo delle auto. Nel 1960, un insegnante italiano poteva acquistare un’auto con meno di un anno di stipendio netto, mentre oggi, per una vettura equivalente, il periodo di risparmio è notevolmente aumentato.
Negli anni Sessanta, l’Italia viveva un periodo di boom economico. Il reddito medio di un insegnante si aggirava intorno alle 70.000-80.000 lire al mese, corrispondenti a circa 840.000-960.000 lire annue. Con una tassazione più leggera e un costo della vita inferiore, un insegnante poteva destinare una parte significativa del suo stipendio all’acquisto di beni di consumo, come le automobili. Una Fiat 600, simbolo dell’auto accessibile, costava circa 600.000 lire, quindi era acquistabile con meno di un anno di stipendio netto. Come sottolinea la Gazzetta dello Sport, oggi, la situazione è molto diversa.
Gli stipendi lordi sono più alti, ma la tassazione è più gravosa, con aliquote che variano dal 23% al 43%. Un insegnante con uno stipendio lordo annuo di 28.000-35.000 euro riceve un netto mensile di circa 1.500-1.700 euro. Una Fiat 500 moderna, che si può considerare l’erede della 600, ha un prezzo di partenza di circa 17.700 euro, richiedendo quindi quasi un anno di stipendio netto per essere acquistata, due mesi in più rispetto al 1960.
Le differenze diventano ancora più evidenti nel confronto con le auto di lusso. Nel 1960, una Ferrari 250 GT richiedeva circa 91 stipendi annui di un insegnante. Oggi, per un modello equivalente come la Ferrari Roma, servono oltre 166 stipendi. Nonostante l’apparente aumento del potere d’acquisto, l’accessibilità alle auto di lusso è notevolmente diminuita.
In conclusione, negli anni Sessanta l’acquisto di un’auto era più accessibile per la classe media italiana rispetto a oggi. Il potere d’acquisto si è ridotto, e il costo della vita, unito a un sistema fiscale più oneroso, rende più difficile l’acquisto di un’auto, soprattutto per le famiglie monoreddito.