Il mondo del welfare aziendale si rinnova nel 2025 con modifiche importanti alla disciplina dei fringe benefit. La Legge di Bilancio 2025 (n. 207 del 30 dicembre 2024) ha infatti confermato e introdotto diverse novità che impattano sia i datori di lavoro che i dipendenti, con particolare attenzione alle famiglie e alla mobilità sostenibile.
I fringe benefit sono compensi non monetari che le aziende offrono ai propri dipendenti, costituendo un’integrazione alla retribuzione ordinaria. Si tratta di beni e servizi che, entro determinate soglie, godono di un trattamento fiscale favorevole, non concorrendo alla formazione del reddito imponibile.
Questo meccanismo permette alle aziende di premiare i propri collaboratori ottimizzando il carico fiscale e contributivo, mentre i dipendenti possono beneficiare di vantaggi concreti senza subire un aumento della pressione fiscale.
Nel welfare aziendale italiano, i fringe benefit hanno acquisito crescente rilevanza negli ultimi anni, anche grazie alle modifiche normative che ne hanno ampliato l’ambito di applicazione e i limiti di esenzione.
La loro importanza è confermata dai dati dell’Osservatorio Welfare 2024, che evidenzia come questi strumenti rappresentino ormai circa un terzo della spesa totale in welfare aziendale, con particolare apprezzamento da parte dei lavoratori più giovani.
Il 2025 si caratterizza per una continuità con le misure introdotte nel 2024, garantendo stabilità normativa per un intero triennio. Tra le conferme più attese troviamo il mantenimento delle soglie differenziate di esenzione fiscale mentre tra le novità spicca la modifica del trattamento fiscale delle auto aziendali, con un approccio che premia le motorizzazioni a basso impatto ambientale.
La nuova normativa conferma l’impostazione introdotta nel 2024, prevedendo due diverse soglie di esenzione fiscale per i fringe benefit. Si tratta di una scelta in controtendenza rispetto alla soglia unica di 258,23 euro prevista ordinariamente dal TUIR, che negli anni aveva subito diverse modifiche temporanee dettate da situazioni contingenti come la pandemia e il caro vita.
Per il triennio 2025-2027, i valori dei beni ceduti e dei servizi prestati ai lavoratori dipendenti, nonché le somme erogate o rimborsate per il pagamento delle utenze domestiche, degli affitti e degli interessi sul mutuo della prima casa, non concorrono alla formazione del reddito entro questi limiti:
La definizione di “fiscalmente a carico” è fondamentale per l’accesso alla soglia maggiorata. Si considerano a carico i figli fino a 24 anni con reddito annuo complessivo non superiore a 4000 euro e i figli oltre i 24 anni con reddito annuo non superiore a 2840,51 euro.
Vale la pena sottolineare che, in base ai chiarimenti forniti dall’Agenzia delle Entrate con la circolare 23/E del 2023, l’agevolazione maggiorata spetta in misura intera a ciascun genitore anche in presenza di un solo figlio, purché fiscalmente a carico.
Un aspetto da tenere sempre presente è che, qualora il valore dei fringe benefit superi le soglie previste (1000 o 2000 euro), l’intero importo concorrerà alla formazione del reddito, non solo la parte eccedente. Si tratta di un principio consolidato, che rende ancora più importante monitorare attentamente il valore dei benefit erogati nel corso dell’anno.
La stabilità della normativa per un intero triennio rappresenta un segnale positivo per le aziende, che possono pianificare con maggiore certezza le proprie politiche di welfare, e per i lavoratori, che possono contare su regole chiare e durature.
La novità più rilevante del 2025 riguarda il calcolo del fringe benefit per le auto aziendali concesse ai dipendenti in uso promiscuo. Si tratta di un cambiamento sostanziale che modifica radicalmente l’approccio fiscale a questa tipologia di benefit, tra le più diffuse e apprezzate nel panorama aziendale italiano.
Fino al 2024, il valore imponibile dell’auto aziendale dipendeva dalle emissioni di CO2 del veicolo, con percentuali che variavano dal 25% al 60% a seconda del livello di emissioni inquinanti. Dal 1° gennaio 2025, invece, la Legge di Bilancio introduce un sistema completamente nuovo, che abbandona il riferimento alle emissioni a favore di una distinzione basata sulla tipologia di motorizzazione.
Il nuovo sistema prevede l’applicazione di percentuali differenziate al costo chilometrico ACI per una percorrenza convenzionale di 15.000 km:
Questo cambio di paradigma è senza dubbio una svolta decisa verso l’incentivazione dei veicoli a basse emissioni, con un trattamento fiscale molto favorevole per le auto elettriche, che passano dal 25% al 10% di imponibilità.
Al contrario, i veicoli tradizionali e anche quelli ibridi non ricaricabili subiscono un inasprimento, con un’imponibilità che sale fino al 50%.
Per comprendere l’impatto concreto di tale modifica, consideriamo un esempio pratico: su un’auto con un costo chilometrico ACI di 0,50 euro per 15.000 km (pari a 7500 euro annui), un dipendente con un’auto elettrica vedrà un fringe benefit imponibile di soli 750 euro all’anno (10%), contro i 1875 euro del sistema precedente (25%).
Di contro, un dipendente con un’auto a benzina tradizionale passerà da un fringe benefit di 2250 euro (30%) a ben 3750 euro (50%).
Va sottolineato che la nuova normativa si applica ai veicoli di nuova immatricolazione dal 2025 mentre per i contratti in essere relativi a veicoli già in uso continueranno ad applicarsi le regole precedenti.
La finalità di tale intervento è chiaramente quella di orientare le scelte aziendali verso veicoli più sostenibili, creando un forte incentivo fiscale per l’adozione di auto elettriche e, in misura minore, ibride plug-in.
Una novità particolarmente interessante introdotta dalla Legge di Bilancio 2025 riguarda l’agevolazione fiscale destinata ai lavoratori neo-assunti che, per ragioni lavorative, si trasferiscono lontano dalla propria residenza.
Parliamo di una misura pensata per favorire la mobilità lavorativa sul territorio nazionale, ponendo un argine al fenomeno delle “grandi dimissioni” e incentivando l’occupazione stabile.
Nel dettaglio, la nuova normativa prevede che le somme erogate o rimborsate dai datori di lavoro per i canoni di locazione e le spese di manutenzione degli immobili locati non concorrano alla formazione del reddito entro il limite di 5000 euro annui.
L’agevolazione è riservata ai dipendenti assunti a tempo indeterminato nel corso del 2025, che possiedono specifici requisiti:
Tale misura si configura come una sorta di “super fringe benefit” dedicato ai neo-assunti, dal momento che il limite di esenzione (5000 euro) è sensibilmente superiore a quello ordinario. Va tuttavia precisato che l’agevolazione riguarda esclusivamente le spese legate all’alloggio, e non può essere estesa ad altre tipologie di benefit.
L’introduzione di questa agevolazione risponde alla duplice esigenza di sostenere i lavoratori nelle spese di trasferimento, spesso onerose, e di incentivare la disponibilità alla mobilità geografica. In un Paese come l’Italia, caratterizzato da forti squilibri territoriali in termini di opportunità lavorative, tale misura potrebbe contribuire a una migliore distribuzione della forza lavoro, favorendo l’incontro tra domanda e offerta.
Per le aziende, d’altro canto, l’agevolazione rappresenta un ulteriore strumento per attrarre talenti da tutto il territorio nazionale, potendo offrire un supporto concreto per le spese abitative senza aggravi fiscali né per l’azienda né per il dipendente.
Il panorama dei fringe benefit è estremamente vario e in continua evoluzione, con strumenti che si adattano alle diverse esigenze dei lavoratori e alle strategie di welfare delle aziende. Vediamo le tipologie più diffuse, che possono rientrare nelle soglie di esenzione previste per il 2025.
L’auto aziendale ad uso promiscuo, come abbiamo visto, rappresenta uno dei fringe benefit più ambiti e diffusi. L’utilizzo del veicolo aziendale anche per scopi personali costituisce un vantaggio tangibile per il dipendente, che evita di dover sostenere i costi per l’acquisto e la gestione di un’auto propria. Il valore da considerare ai fini fiscali e contributivi è determinato secondo le nuove regole illustrate precedentemente.
I rimborsi per le utenze domestiche sono una tipologia di fringe benefit particolarmente apprezzata negli ultimi anni, soprattutto in risposta agli incrementi dei costi energetici. Questi rimborsi possono riguardare le spese per energia elettrica, gas e servizio idrico, e dal 2024 sono stati confermati come parte integrante dei fringe benefit entro le soglie di esenzione previste.
Un’altra categoria rilevante è costituita dai rimborsi per le spese di affitto o per gli interessi sul mutuo della prima casa. Anche questi costi, che incidono in modo significativo sul bilancio familiare, possono essere coperti dal datore di lavoro sotto forma di fringe benefit esente da imposizione fiscale e contributiva, entro i limiti vigenti.
I buoni acquisto (cartacei o digitali) sono uno strumento flessibile e molto apprezzato, poiché consentono ai dipendenti di scegliere liberamente come utilizzarli. Questi buoni possono essere spesi per beni di vario genere, dalla spesa quotidiana agli acquisti di elettronica, abbigliamento o altri prodotti, a seconda delle convenzioni attivate dall’azienda.
Non dobbiamo dimenticare i dispositivi elettronici aziendali (smartphone, tablet e computer) concessi anche per uso personale. In questo caso, il vantaggio economico per il dipendente è dato dalla possibilità di utilizzare strumenti tecnologici senza doverne sostenere il costo di acquisto.
Infine, le polizze assicurative sono un’opportunità particolarmente interessante. Si tratta di un benefit che offre sicurezza e protezione al dipendente e, in alcuni casi, alla sua famiglia, coprendo esigenze sanitarie, infortuni o altre necessità.
Va sottolineato che alcuni benefit, come i buoni pasto entro i limiti di esenzione (8 euro per i buoni elettronici e 5,29 euro per quelli cartacei), le polizze long term care e dread disease, gli abbonamenti al trasporto pubblico locale, regionale e interregionale, godono di regimi di esenzione autonomi rispetto alla soglia dei fringe benefit, e quindi non concorrono al raggiungimento dei limiti di 1000 o 2000 euro.
L’implementazione dei fringe benefit richiede attenzione ad alcuni aspetti operativi fondamentali, sia per le aziende che per i dipendenti. Una corretta gestione di questi elementi è essenziale per beneficiare pienamente delle agevolazioni previste e per evitare contestazioni da parte dell’amministrazione finanziaria.
Per i dipendenti con figli fiscalmente a carico che intendono accedere alla soglia maggiorata di 2000 euro, è necessario fornire un’autocertificazione al datore di lavoro. Questo documento deve indicare il diritto all’agevolazione e contenere i codici fiscali dei figli a carico, come specificato dalla circolare 23/E dell’Agenzia delle Entrate. L’autocertificazione costituisce un elemento probatorio fondamentale in caso di verifiche e deve essere conservata dall’azienda.
Un obbligo spesso sottovalutato riguarda la comunicazione preventiva alle Rappresentanze Sindacali Unitarie (RSU), qualora presenti in azienda. Come chiarito dalla stessa Agenzia delle Entrate, questo adempimento può essere assolto anche con una semplice informativa sull’applicazione della normativa vigente, e può avvenire anche successivamente all’erogazione del benefit, purché entro la fine del periodo d’imposta.
Per quanto riguarda la documentazione, è fondamentale che il datore di lavoro conservi tutti gli elementi probatori relativi ai fringe benefit erogati: fatture, ricevute, contratti di noleggio, e ogni altro documento che attesti l’effettivo valore dei beni e servizi forniti ai dipendenti. Tale documentazione risulta indispensabile non solo ai fini dei controlli fiscali, ma anche per un corretto monitoraggio delle soglie di esenzione.
Dal punto di vista pratico, il calcolo del valore dei fringe benefit può risultare complesso, soprattutto nel caso delle auto aziendali. Prendiamo in considerazione alcuni esempi concreti:
Come si nota, il passaggio alla nuova modalità di calcolo determina un vantaggio importante per i veicoli elettrici e, in misura minore, per quelli ibridi plug-in, mentre porta a un significativo incremento del valore imponibile per i veicoli tradizionali.
Va sottolineato che il datore di lavoro, in qualità di sostituto d’imposta, è tenuto ad applicare correttamente la disciplina dei fringe benefit, includendo il relativo valore nella Certificazione Unica (CU) e operando le ritenute fiscali e contributive laddove previste.
L’adozione dei fringe benefit all’interno di una strategia di welfare aziendale comporta vantaggi significativi sia per i dipendenti che per le imprese, con effetti positivi che vanno ben oltre il mero aspetto fiscale.
Per i dipendenti, il primo e più evidente vantaggio è quello economico. Ricevere beni e servizi fino a 1000 euro (o 2000 euro in presenza di figli a carico) completamente esenti da imposizione fiscale e contributiva equivale a un incremento netto della retribuzione.
Per fare un esempio concreto, un lavoratore con un’aliquota marginale IRPEF del 35% che riceve fringe benefit per 1000 euro ottiene un vantaggio economico netto di circa 350 euro, rispetto a un equivalente aumento in busta paga che sarebbe soggetto a tassazione.
Altrettanto importante è l’aspetto della personalizzazione. I fringe benefit consentono di rispondere in modo mirato alle diverse esigenze dei lavoratori, che possono variare significativamente in base all’età, alla composizione del nucleo familiare, al contesto geografico e ad altre variabili.
Tale flessibilità contribuisce ad aumentare la percezione di valore da parte dei dipendenti, che non ricevono un generico compenso monetario, ma risposte concrete a bisogni specifici.
Dal punto di vista delle aziende, i vantaggi fiscali sono altrettanto evidenti. I fringe benefit sono interamente deducibili dal reddito d’impresa ai sensi dell’articolo 95 del TUIR, e non generano contribuzione previdenziale a carico del datore di lavoro. Questo si traduce in un risparmio significativo rispetto all’erogazione di compensi monetari di pari valore.
Ma la convenienza per le imprese va ben oltre l’aspetto fiscale. L’offerta di un pacchetto di fringe benefit ben strutturato rappresenta un potente strumento di employer branding, capace di attrarre talenti in un mercato del lavoro sempre più competitivo. Le aziende che investono in modo strategico in questi strumenti risultano più attrattive per i candidati, specialmente per i profili più qualificati che valutano attentamente l’intero pacchetto retributivo, non limitandosi alla componente monetaria.
Sul fronte della fidelizzazione, i fringe benefit giocano un ruolo altrettanto importante. Programmi ben strutturati di welfare aziendale contribuiscono a migliorare il clima organizzativo e ad aumentare la soddisfazione e la retention dei dipendenti.
Secondo diverse ricerche nel campo delle risorse umane, i lavoratori che beneficiano di piani di welfare articolati mostrano un maggiore senso di appartenenza all’azienda e una minore propensione a valutare opportunità esterne.
Un aspetto spesso sottovalutato riguarda l’aumento della produttività. Benefici come l’auto aziendale, i dispositivi elettronici o i rimborsi per le utenze domestiche non solo rappresentano un vantaggio economico per il dipendente, ma possono anche contribuire a migliorare le condizioni di lavoro, riducendo preoccupazioni e stress legati alla gestione di aspetti pratici della vita quotidiana.
Infine, per le aziende, è fondamentale considerare l’inserimento dei fringe benefit in una strategia più ampia di welfare aziendale. Integrati con altri strumenti come la formazione, la flessibilità oraria, il lavoro agile, i premi di risultato convertibili in welfare e le misure di work-life balance, i fringe benefit contribuiscono a creare un ecosistema aziendale orientato al benessere complessivo delle persone, con ritorni significativi in termini di engagement, produttività e reputazione aziendale.