La nuova Legge di Bilancio introduce una nuova tassa sulle auto aziendali che potrebbe rappresentare un vero e proprio “autogol” per l’economia italiana e per la transizione ecologica. Questa misura, al centro di numerose polemiche, rischia di avere un impatto negativo su un settore già fragile come quello automobilistico, sulle tasche dei lavoratori e sulle imprese.
L’industria automobilistica italiana, che sta attraversando una delicata fase di transizione ecologica, si trova ora di fronte a un ulteriore ostacolo. La normativa prevede l’adeguamento del calcolo del fringe benefit, con un aumento significativo per la maggior parte delle auto aziendali, che sono ancora alimentate da motori tradizionali.
Secondo ANIASA, l’associazione che rappresenta il settore dei servizi di mobilità in Confindustria, questa misura colpirà circa un milione di lavoratori, gravando maggiormente sui redditi medio-bassi.
In questo articolo analizzeremo nel dettaglio le implicazioni di questa tassa: dai cambiamenti nel fringe benefit e nelle scelte aziendali, fino agli effetti sul mercato automobilistico e sulle entrate fiscali. Inoltre, esploreremo le proposte di ANIASA per un approccio più sostenibile ed equilibrato, che concili le esigenze ambientali con quelle economiche.
Il fringe benefit delle auto aziendali rappresenta un elemento importante nella retribuzione dei dipendenti, particolarmente rilevante per circa un milione di lavoratori italiani. Fino a oggi, il calcolo del valore imponibile del benefit era legato alle emissioni di CO2 del veicolo.
Tuttavia, la nuova normativa introdotta dalla Legge di Bilancio 2025 cambia radicalmente il metodo di calcolo, sostituendo il criterio delle emissioni con quello dell’alimentazione del veicolo.
Questa revisione prevede una riduzione del valore imponibile per le vetture elettriche e ibride plug-in, incentivandone l’utilizzo. Tuttavia, sorprendentemente, il beneficio viene esteso anche a supercar e auto di lusso, veicoli che non sono allineati con gli obiettivi di sostenibilità dichiarati.
Al contrario, per le auto a combustione tradizionale, che rappresentano circa l’85% delle flotte aziendali, il valore imponibile subisce un aumento significativo, stimato mediamente in 1600 euro annui (+67%).
Questo aumento incide direttamente sulla busta paga dei dipendenti, con un impatto maggiore sui redditi medio-bassi. Anche le aziende ne subiscono le conseguenze, trovandosi a fronteggiare costi più elevati per offrire un benefit considerato strategico per attrarre e trattenere talenti.
Il forte incremento della tassazione potrebbe spingere le imprese a modificare le proprie strategie nella gestione del parco auto. Molte aziende potrebbero decidere di mantenere in circolazione le vetture già assegnate, evitando così l’applicazione della nuova normativa. Questo comportamento rischia di rallentare il rinnovo del parco auto aziendale, ostacolando il ricambio con modelli più moderni ed ecologici.
La nuova tassazione sulle auto aziendali introdotta dalla Legge di Bilancio potrebbe avere effetti devastanti sul mercato automobilistico, in particolare nel segmento del noleggio a lungo termine, e sulle entrate fiscali dello Stato. Nonostante la misura sia concepita per sostenere la transizione ecologica, le sue implicazioni reali rischiano di produrre l’effetto opposto.
Il noleggio a lungo termine rappresenta una parte fondamentale del mercato automobilistico italiano, costituendo circa il 40% delle immatricolazioni complessive. Secondo le stime di ANIASA, il forte aumento del valore imponibile del fringe benefit potrebbe portare a un crollo delle immatricolazioni di veicoli destinati al noleggio a lungo termine, con una riduzione prevista del 30% (circa 60.000 unità) solo nel 2025. Anche gli acquisti diretti da parte delle imprese subirebbero una contrazione significativa, con un calo stimato del 20% (circa 15.000 unità).
Questo scenario aggraverebbe ulteriormente la crisi del settore automobilistico, già in difficoltà a causa delle recenti turbolenze economiche e della lenta adozione di veicoli a basse emissioni. Un rallentamento così marcato nella domanda di nuovi veicoli comprometterebbe anche gli investimenti in innovazione e sostenibilità, ostacolando il ricambio del parco circolante con modelli più moderni e meno inquinanti.
Le minori immatricolazioni non danneggerebbero solo il mercato automobilistico, ma avrebbero anche un impatto diretto sulle finanze pubbliche. ANIASA stima una perdita di 125 milioni di euro nelle entrate fiscali per il solo 2025, includendo sia l’IVA che le tasse legate alla registrazione e gestione dei veicoli.
Il paradosso più evidente di questa nuova tassa risiede nel suo effetto sugli obiettivi di sostenibilità. Se da un lato la normativa intende favorire la transizione ecologica, dall’altro il calo delle immatricolazioni e il rallentamento del ricambio dei veicoli aziendali rischiano di perpetuare l’uso di auto più vecchie e inquinanti.
La posizione di ANIASA rispetto alla nuova tassazione sulle auto aziendali è chiara: la misura, così come concepita, rischia di produrre effetti contrari agli obiettivi dichiarati, colpendo duramente sia il mercato automobilistico sia la transizione ecologica. Per questo motivo, l’associazione sollecita il Governo a rivedere la normativa, proponendo un approccio più graduale e meno penalizzante.
Secondo ANIASA, stabilire un aumento dilazionato della tassa sul fringe benefit consentirebbe di mitigare gli impatti negativi sia per le aziende che per i lavoratori. Un approccio graduato aiuterebbe il settore automobilistico a sostenere meglio il passaggio verso modelli di mobilità più sostenibili, evitando contrazioni improvvise della domanda e rallentamenti nel rinnovo del parco auto.
Un’implementazione graduale della misura sarebbe inoltre coerente con la necessità di supportare una transizione ecologica che richiede tempi e investimenti significativi.
Un aumento improvviso della tassazione potrebbe avere effetti devastanti su un settore già fragile. Ritardare e spalmare l’incremento fiscale nel tempo consentirebbe alle imprese di pianificare meglio gli investimenti e alle famiglie di adattarsi senza subire pesanti penalizzazioni economiche.
Inoltre, questa strategia permetterebbe di evitare cali drastici delle immatricolazioni, salvaguardando le entrate fiscali e stimolando un ricambio più costante del parco auto.
Per raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni senza penalizzare il settore e l’erario, ANIASA suggerisce un ventaglio di misure alternative: