La prima DS venne presentata nel 1955 al Salone di Parigi, pensata per sostituire la Traction Avant e -soprattutto- per stupire il pubblico francese. La DS 23 è invece l’ultima incarnazione di questo progetto, ben riconoscibile grazie ai fari incassati nella carrozzeria e alle finiture che sfociano negli indicatori di direzione, ben armonizzate. Il nostro esemplare è in allestimento Pallas, una parola che entrò nel gergo francese per definire un qualcosa di estremamente lussuoso. Completamente restaurata con componenti originali dal Centro Storico Citroën DS, la vettura è stata immatricolata nel 1974. Oggi, per un giorno, è solo nostra.
Ci avviciniamo con cautela, come fosse un animale dormiente. In Italia la DS venne soprannominata lo squalo, fatta eccezione per Torino dov’era, quasi per tutti, il ferro da stiro. Farci un giro intorno però ci chiarisce subito le idee. Aerodinamica e finiture sono ai massimi livelli, ed il tutto appare perfettamente conservato. La disegnò Flaminio Bertoni, ispirandosi a un pesce e tagliando parte della coda a lavori ultimati, perché nel progetto originale DS era troppo lunga per farsi spazio nel più classico dei garage francesi. Inutile dire che fu un successo straordinario.
L’auto ha un suo odore, piacevole e riconoscibile. È una miscela di benzina ed interni in pelle pregiata, con un tocco di profumo d’annata.
Gli interni poi, sono qualcosa di irripetibile. Due grandi poltrone, foderate in Dunlopillo, offrono senza ombra di dubbio la seduta più comoda mai provata su di un’auto. L’assenza di poggiatesta non va ad infastidire la guida -probabilmente sarebbe diverso in caso di incidente- ma, al contrario, crea un ambiente del tutto diverso da quello a cui siamo abituati nelle auto moderne. Ci si trova, insomma, in un salotto curato nei minimi dettagli. Pensiamo alla strumentazione a tre quadranti, anch’essa ben più appagante di quelle che troviamo in auto moderne, o al volante ad un’unica razza. Una volta saliti poi, l’auto assorbe il nostro peso e si riporta all’altezza che aveva prima che ci sedessimo. È la magia delle sospensioni idropneumatiche.
Se DS è diventata quello che è oggi è anche -o soprattutto- grazie a Paul Magès. Un genio senza istruzione accademica, forse per questo capace di pensare in maniera nuova e diversa rispetto agli altri. Sperimentò le sospensioni idropneumatiche per anni, fino a risolverne i limiti e rendere a Citroën un prodotto incredibilmente avanti rispetto alla concorrenza. Nella nostra DS 23, il tutto si traduce in una leva a 5 posizioni. I rapper statunitensi anni Novanta, con le loro Cadillac saltellanti, non sanno che la macchina che balla è un’invenzione che arriva da qui. Pensata, ovviamente, per la praticità. Nel dopoguerra infatti le strade erano distrutte, così la DS poteva essere alzata -anche notevolmente- per affrontare gli sterrati o abbassata nel caso si ricercasse una maggior tenuta di strada. La magia delle idropneumatiche però è un’altra: se carichiamo la DS con 5 passeggeri ed altrettanti bagagli, l’auto riprende lentamente quota fino a tornare alla posizione originale, in modo che il carico non comprometta l’assetto.
Allo stesso modo Paul Magès progettò l’impianto frenante. È il motivo per cui bisogna scaldare la macchina prima di partire, altrimenti i freni non avranno la giusta pressione per funzionare, con tutte le complicazioni del caso. Ad aspettarci vicino al pedale dell’acceleratore troviamo un pulsante in gomma, con il quale bisogna fare un po’ di pratica nelle prime battute. I freni (ventilati) sono collocati all’estremità del blocco motore, altra soluzione del tutto particolare sviluppata per centralizzare le masse ed aggiungere leggerezza allo sterzo. Quest’ultimo, tra l’altro, è servoassistito: per l’epoca si tratta di un traguardo piuttosto importante. Per quanto riguarda i freni posteriori invece, troviamo un impianto a tamburo.
Come se tutto questo non bastasse, nel 1968 gli ingegneri DS decisero di spingersi più avanti. Dopo un confronto con Bosch, che aveva sviluppato un complesso sistema per far seguire ai fari le curve, risposero con l’ennesima intuizione destinata a sorprendere. I proiettori della DS 23, infatti, seguono lo sterzo grazie a corde di pianoforte che si collegano al piantone dello sterzo. La resistenza alle sollecitazioni insieme all’ingombro ridotto le hanno rese più che adatte allo scopo.
Sediamo in macchina, emozionati come bambini. La seduta, come già detto è infinitamente superiore alle macchine di oggi. Tiriamo l’aria per l’accensione a freddo, giriamo la chiave e lei si accende borbottando. Un suono pieno, da auto d’epoca, ma molto rotondo e pacato se messo a confronto con il rumore di ferraglia di unità anche più giovani di diec’anni. Si tratta di un 2,4 litri a carburatori da 124CV a 5.750 giri, neanche pochi in effetti, anche perché la coppia massima di 190Nm riesce a tirarci fuori dal traffico cittadino senza esitazioni. La DS 23 è accreditata di una velocità massima di 185Km/h, ma spingerla a quei livelli ci è sembrato più che altro un crimine, non solo per il CdS.
Una volta scaldata l’auto si sistema alla giusta altezza e lo sterzo comincia a risultare abbastanza morbido per essere manovrato senza problemi. Molto particolare il cambio posto a lato del volante come le classiche auto americane. Cinque marce più la retro -questa si, davvero difficile da inserire- permettono di far girare il motore piuttosto in basso anche ad andature elevate. Partiamo per il nostro primo giro, terrorizzati all’idea di incontrare un signore con un grosso SUV tedesco che manca la precedenza ad un incrocio. Col senno di poi sarebbe stato meglio preoccuparsi dell’assenza di Airbag, ma in quei momenti la paura era di rovinare questo piccolo gioiello. Le cinture di sicurezza però ci sono, ed allora come adesso è stata la Air France a fornirle.
Il raggio di sterzata richiede un po’ di attenzione nelle vie del centro, perché la macchina gira con lo stesso principio di camper e autobus. Per il resto, siamo su di un tappeto volante. L’attrito che si percepisce -anche grazie alla poltrona davvero morbida- è inferiore a quello che si avverte, ad esempio, in aereo. La macchina scivola via liscia, senza scossoni o incertezze, rendendo il viaggio davvero piacevole.
Man mano che entriamo in confidenza con la vettura, il viaggio diventa sempre più godibile. La paura di combinare un disastro ha lasciato il posto all’entusiasmo più sincero: ad un certo punto pensiamo che l’auto potrebbe benissimo staccarsi da terra e spiccare il volo, tanto di cose che sembravano impossibili ce ne ha già fatte vedere diverse. È questa l’anima della DS 23, ti smuove dentro dei sentimenti un po’ fiabeschi, da bambini. Davvero bella anche la strumentazione a tre quadranti, con il contachilometri che segna anche i metri necessari a fermarsi a una data velocità di crociera.
Un’ultima sorpresa è stata per l’addio, da Vicenza a Milano. Nonostante una pioggia torrenziale infatti, la macchina si è comportata più che bene, così come -fortunatamente- i tergicristalli. Ormai sapevamo che sarebbe stato un viaggio pieno di rimpianti, ma non ci aspettavamo anche che consumasse relativamente poco. La DS 23 infatti è riuscita a superare una percorrenza media di 13 chilometri con un litro di verde a 95 ottani. Merito soprattutto del peso, sui 1.200 chili. Per darvi un’idea di quanto sia poco la DS 5, che non è certo un bastimento, pesa mezza tonnellata in più.
In conclusione si tratta di una macchina che ha tracciato una strada fatta di storie e passione, facendo innamorare gli estimatori d’auto. Passeggiare con la DS 23 significa avere gli sguardi addosso, ma non gli stessi che guardano la sportiva da 300 orari. è gente a cui viene da sorridere, pensando magari a quel parente che girava sempre con la sua Citroën DS.