Citroën e la sfida dell’aria

Un’automobile deve vincere principalmente due resistenze: quella da rotolamento dovuta al contatto degli pneumatici con il fondo stradale e quella determinata dalla pressione dell’aria che l’auto deve spostare per procedere.
Considerate le prestazioni delle prime vetture, il problema della resistenza all’avanzamento per attrito aerodinamico si è posto solo in un secondo tempo.
In casa Citroën, il primo ad affrontare seriamente il problema fu André Lefebvre che da buon ingegnere aeronautico ben sapeva cos’era necessario per realizzare una vettura efficiente e veloce: diminuire l’attrito con l’aria, a tutto vantaggio della riduzione dei consumi, oltre che di un maggior silenzio a bordo e di velocità più elevate.

Il primo modello che entrò nella galleria del vento fu la Traction Avant. Bertoni scolpì dei modelli in scala che vennero verniciati di nero e cosparsi di latte di calce: le linee tracciate dalle gocce servirono per modificare le inclinazioni delle lamiere, in modo da ottenere una miglior penetrazione nell’aria. Così, nel 1934, alla Citroën Traction Avant bastavano 56 cavalli di potenza per superare i 120km/h, mentre alla Citroën B2 del 1921 ne sarebbero occorsi 75.

Il coefficiente di resistenza aerodinamica (CxS) influisce molto anche sui consumi: ad esempio, un miglioramento del 10% del CxS, a 120 chilometri orari determina una riduzione dei consumi di circa il 7%!
Se la Traction Avant poteva vantare un CxS di 1,23 (contro l’1,437 della B2), il grande salto arrivò nel 1955 con la presentazione della DS contraddistinta da un CxS di 0,817. Il motore da 75 cavalli non ne impiegava che 48 per superare i 120 all’ora e la DS19, con lo stesso propulsore della Traction 11, superava i 140 chilometri orari che salirono a 160 quando l’aerodinamica fu ulteriormente migliorata nel 1962.
Le ultime DS, con il frontale carenato introdotto nel 1967 ed il motore di 2,3 litri a iniezione elettronica, sfiorarono i 200 orari, velocità di gran lunga superata dalla Coupé SM che, mossa dal potente motore a 6 cilindri di 2,7 litri, nasceva con il preciso intento di viaggiare oltre i 220 chilometri orari in assoluto comfort e sicurezza. La “Super Macchina”, com’era soprannominata la SM, era un capolavoro di profilatura aerodinamica.

Per sottolineare l’impegno del costruttore nel voler tagliare il vento, nel 1974 quella che di fatto divenne l’erede della DS fu battezzata CX. Non poteva essere altrimenti per una vettura modellata nella galleria del vento all’insegna dell’efficienza.
Con un CxS di 0,709, la CX filava più veloce della DS (a parità di motorizzazione) e fu, come la SM, capace di raggiungere i 220 orari con il modello di serie più potente: la CX 25 GTi Turbo, nata nel 1984.

Citroën riuscì a far meglio pochi anni dopo, nel 1989 con la XM che portava ancora più in alto l’asticella, raggiungendo, con le versioni più potenti, i 235 orari, ma superando i 200 anche con la versione 2 litri a benzina che disponeva appena dii 135 cavalli.

Uno stupendo pezzo di bravura di Citroën nel campo dell’aerodinamica fu realizzato nel 1980 quando fu presenta la GSA X3 che, con un quattro cilindri boxer raffreddato ad aria di 1,3 litri, grazie ad un CxS di 0,575, non impiegava che 31 cavalli per raggiungere i 120 orari, riducendo di molto il consumo, a tutto vantaggio delle prestazioni: la GSA X3, infatti, viaggia sul filo dei 160 all’ora.

L’ultimo “concept” Citroën, Cxperience, contiene già nel nome la sua vocazione ad andare ancora oltre nel vento, spostando l’aria silenziosamente ed in maniera efficiente, nella consapevolezza che risparmiare energia significa ridurre il nostro impatto sulla Terra e sulle sue risorse.

André Lefebvre, che sosteneva anche l’uso di motori a “combustione povera” (e quindi poco inquinanti), lo diceva già nel lontanissimo 1934!

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