Le astuzie della 2CV: le sospensioni interconnesse

Secondo le istruzioni di Pierre-Jules Boulanger, la futura 2CV avrebbe dovuto poter caricare due contadini, un paniere di uova, cinquanta chili di patate o un barilotto di vino ed attraversare un campo arato senza rompere neanche un uovo.

L’unico modo per realizzare un simile prodigio era quello di inventare un tipo di sospensione completamente nuovo, diverso da quelli usati fino a quel momento, che alla necessaria stabilità aggiungesse una grande capacità d’escursione e che fosse in grado di assorbire le asperità anche laddove la strada mancasse del tutto!

Il team guidato dall’ingegner André Lefebvre esaminò varie soluzioni alternative alle tradizionali balestre (che nel 1936 sostenevano la maggior parte delle automobili): pensarono alle barre di torsione, come sulla Traction Avant, alle molle in acciaio e persino ad una versione semplificata (rispetto a quella poi adottata sulla DS19) della sospensione idropneumatica.
Mentre una soluzione risultava inefficace, l’altra era troppo costosa e così scelsero le molle elicoidali ma in una configurazione unica al mondo e capace di rispondere perfettamente ai problemi derivanti da un capitolato così inusuale qual era quello della 2CV.
Anziché verticalmente, o angolate nel senso di rotazione del braccio di sospensione, gli ingegneri del centro studi Citroën montarono le molle elicoidali orizzontalmente, lungo l’asse longitudinale della vettura, all’interno di due cilindri laterali rispetto al telaio. Guardando una 2CV di lato, in posizione centrale sotto alla carrozzeria, salta all’occhio il complesso della sospensione, collegato ai due bracci da altrettanti tiranti “a doppio effetto”, uno per il braccio anteriore e l’altro per quello posteriore. In questo modo le ruote restano perfettamente indipendenti tra il lato destro e sinistro della vettura, ma interagiscono sul medesimo fianco: quando la ruota anteriore incontra un ostacolo, comprime e rilascia la propria molla “preparando” la posteriore a gestire il medesimo ostacolo!

Risolto così il problema degli elementi elastici, restava da gestire quello dell’ammortizzamento: una sospensione con un’escursione “da battuta a battuta” che supera di parecchio i 30 centimetri, rischia di innescare fenomeni di pendolarità che porterebbero ad una perdita di tenuta, era quindi indispensabile adottare degli ammortizzatori. I tecnici di Citroën decisero di montarne del tipo “a frizione” sull’asse stesso del braccio di sospensione, facili da regolare e manutenere, mentre posteriormente furono presto adottati ammortizzatori telescopici tradizionali, poi aggiunti anche anteriormente, quando le prestazioni della piccola 2CV crebbero in potenza e velocità.

Per evitare il saltellamento delle ruote sulle piccole asperità, furono anche montate quattro “bottiglie”, cilindri metallici disposti verticalmente sulle quattro ruote del veicolo. Ciascuno conteneva un peso che si poteva muovere sull’asse del cilindro ma che era rallentato dal liquido (olio) presente all’interno dello stesso. Ciò “schiacciava” a terra ogni ruota evitando che potesse perdere aderenza e conferendo alla 2CV la sua proverbiale tenuta su ogni tipo di strada… anche dove la strada non c’è

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