Harley Davidson Fat Boy – Long Test Ride. Il nome di questo ormai classico modello della casa di Milwaukee – nato nel 1990 – offre già un’idea dell’accoglienza da riferimento che vi si trova non appena accomodati in sella. Dimensioni generose della seduta e forma avvolgente, manubrio ampio ma non troppo e pedane che sorreggono tutto il piede. Certo, non è necessario essere in sovrappeso per poterla guidare; l’unico aspetto veramente fondamentale è che bisogna avere un’adeguata disposizione d’animo per capire un’Harley, se non la si conosce. In questa prova non vi parleremo di prestazioni, spazio di frenata, capacità di assorbimento delle sospensioni o altre caratteristiche tecniche…un’Harley è emozione e cercheremo di trasmettervi attraverso le parole ciò che si prova alla guida. Quella che vi raccontiamo è la versione realizzata per il 105esimo anniversario della Casa con in aggiunta alcuni optional utili per poter affrontare qualche chilometro in più (parabrezza, borsa posteriore, manopole riscaldabili, Sissybar).
Prova su strada
Soltanto sollevare i 313 chili dal cavalletto non è un’operazione alla portata di tutti. La stazza si sente tutta da fermi ma d’altra parte non poteva essere diversamente vista la quantità di metallo pesante che compone questa Fat Boy. La plastica praticamente non esiste, non se ne sente mai al tatto a meno che non si vada a cercare la guaina di rivestimento dei cavi o pochi altri dettagli. Par di essere in sella ad una moto d’altri tempi e questo è un merito che va ascritto agli ingegneri HD che tanto si impegnano per rispettare la tradizione della Casa, una tradizione chiara e ben definita dove ogni elemento di novità viene vissuto con circospezione dai tanti appassionati sparsi per il mondo.
Basti pensare che c’è ancora chi non si è abituato non all’uso ma alla stessa idea dell’iniezione al posto dei carburatori. Ok, accendiamo il twin cam 1600…uno “stoc” metallico è il primo rumore che si sente appena prima che i due pistoni comincino a lavorare senza l’assistenza del motorino d’avviamento. Ascoltandola par quasi di poter contare i battiti al minuto di questo motore poderoso. Un colpo sulla leva del cambio a bilancere e si infila la prima; frizione morbida al punto giusto e i 300 chilogrammi di metallo cromato cominciano a muoversi. La leva del gas si può spalancare senza tema, la coppia è tanta ma non ha alcuna intenzione di mettere in crisi il pilota. Can che abbaia non morde, infatti, e la Fat Boy abbaia alla grande, scaricando dai lunghi terminali un rombo inconfondibile. Il cambio a 6 marce è robusto e l’ultimo rapporto è un overdrive che permette di trotterellare dai 60 all’ora in su con un’ottima elasticità grazie alla coppia del bicilindrico; le marce si fanno snocciolare una dopo l’altra senza esitazioni, è sufficiente azionare con vigore la leva a bilancere che, fra l’altro, sa essere davvero comoda in quel gioco punta-tacco fra una marcia e l’altra. I freni non sono certo da riferimento per spazio d’arresto, d’altra parte un unico disco all’anteriore non potrebbe certo frenare con più vigore una tale massa e il posteriore tende al bloccaggio se sollecitato con vigore. L’angolo di piega è non è certo da sportiva anche se si può aumentare un po’ fresando le pedane sull’asfalto giorno dopo giorno, curva dopo curva; e la ciclistica si lascia mettere in crisi senza opporsi troppo quando si guida pensando di avere fra le gambe una sportiva. Ma questi, che su un’altra moto sarebbero dei difetti, qui diventano caratteristiche perchè, va ricordato, un’Harley è una compagna di strada, non un veicolo, e come tale anche lei ha delle esigenze che vanno a volte assecondate.