Marc Marquez nel 2017 ha vinto il suo sesto titolo mondiale, il quarto nella massima classe. Il fuoriclasse spagnolo ha condotto i giochi a cominciare dall’arrivo in Europa, quando ancora sarebbe stato difficile pronosticare Dovizioso come principale avversario.
A dir la verità all’inizio dello scorso anno si è molto parlato di Maverick Vinales, destinato (sportivamente) a seppellire il connazionale grazie ad una peretta intesa con la Yamaha M1, peraltro mai più ritrovata. Marquez oltre a vincere il titolo ha totalizzato 27 cadute in 18 gare, secondo solo alla disastrosa stagione del britannico Sam Lowes.
A differenza dell’ex pilota Aprilia però, Marquez ha riservato buona parte delle sue cadute alle sessioni di prove libere. Il modo impossibile di rialzare una moto già a terra è stato analizzato un’infinità di volte. La dinamica tuttavia è sempre la stessa.
Il 93 si butta in una piega esasperata, corpo a terra. Quando perde l’anteriore Marc è già a pochi millimetri dall’asfalto, si spinge con spalla e coscia e nel migliore dei casi raddrizza la moto. Altrimenti cade. Spesso si tratta però di cadute attorno agli 80Km/h, senza conseguenze per pilota e moto.
All’inizio si è parlato molto di un colpo di fortuna, la realtà però è che a forza di vedere questo esercizio ai limiti della fisica anche i rivali si sono dovuti arrendere all’evidenza: dietro al salvataggio impossibile c’è tanto lavoro da parte del fenomeno di Cervera. Il motore a V di 90° della Honda RC213 probabilmente aiuta ma gli altri, quando cadono, cadono e basta.
Perché non cadere è ancora più importante. Quando hai tecnica e velocità, quello che ti serve per vincere nella categoria più complessa al mondo è la costanza. Per avere questo dono in MotoGP devi saper pensare in fretta, adattarti alle situazioni e cadere il meno possibile. O imparare a rialzarti anche quando succede. Perché succede a tutti, e il più forte rimane (questo ha detto la pista nel 2017) il pilota che ha una carta in più degli altri.
Una volta Marco Lucchinelli ci disse che ai suoi tempi le piste erano più lunghe e che cambiavano spesso, motivo per cui impararle in fretta (cosa che gli riusciva particolarmente bene) era una priorità. La prima cosa che guardava un pilota come Lucchinelli era dove non poteva permettersi di cadere. Dove avrebbe rischiato troppo. In tutti gli altri punti della pista, poteva forzare fino a scontrarsi contro il limite.
Marc Marquez fa esattamente questo. Cerca di superare il limite ogni volta che può. Per imparare a conoscerlo quando gli si presenta, farlo suo ed imparare a gestire la cosa con abitudine.
Quando Marc parla con gli altri piloti, in primis suo fratello Alex, consiglia loro di cadere il più possibile. Lo ha detto anche a Franco Morbidelli che nel 2018 guida la Honda del Team Marc VDS. “Per capire la MotoGP bisogna cadere, dovete abituarvi a farlo di proposito” ma una pratica del genere non è facile da imparare nemmeno se hai vinto un titolo mondiale e se, come i piloti MotoGP di oggi, hai imparato ad andare in moto prima di togliere il pannolino.
Anche perché, diciamolo, il rischio di farsi male anche con una scivolata non è da prendere alla leggera. Rompi un polso, stai fuori tre gare e butti via il titolo. Non puoi permettertelo se sei Marc Marquez, in lizza per il settimo mondiale nell’ennesima stagione estremamente competitiva. Infondo però è un vecchio consiglio che può essere d’aiuto anche a chi non corre in MotoGP.