Harley-Davidson Heritage Classic – Dopo aver provato la gamma Touring 2020, che entra con un piede nel futuro grazie alla tanta elettronica per la sicurezza attiva e non solo, eccoci a provare la più turistica delle Softail, la Heritage Classic. È un modello con un look retrò ed una storia che inizia a fine anni ’80, ma che richiama antenate di un passato più lontano. Qualcuno la ricorderà tra le protagoniste del film “L’infiltrato”, insieme a Charlie Sheen, di quella moto restano immutati lo stile ed il comfort, ma oggi offre molto di più, sia in termini di prestazione che di fruibilità. L’ultimo step evolutivo è di circa due anni fa, con il debutto della nuova gamma Softail, rivoluzionata nella ciclistica ed abbinata ai Milwaukee-Eight, propulsori che riescono ad conciliare lo stile classico ad elementi di modernità, portando le moto della casa americana verso il futuro. Oltre alle novità tecniche, la Heritage Classic abbandona parte delle sue cromature ed alcuni “fronzoli” a vantaggio di un look più dark ed elegante.
La gamma delle Softail è decisamente vasta ed eterogenea (sono ad oggi ben 11 i modelli a listino in Italia). Si va dalla power cruiser FXDR a modelli iconici (una tra tutte la mitica Fat Boy), fino alla nuova arrivata Low Rider S. All’interno di questa gamma ci sono caratteri molto differenti, al punto che quasi si fatica a credere che la base tecnica sia la stessa. Tra tutte due hanno poi una vocazione più spiccata al turismo, se non altro per la presenza delle borse laterali. Si tratta della Sport Glide e, appunto, della Heritage Classic. Quest’ultima, da noi provata, mette sul piatto altri interessanti ingredienti per chi voglia partire insieme a lei. Parliamo del suo classicissimo parabrezza (rimovibile) e del cruise control. Certo, le borse non solo tra le più capaci che si possano avere, ma sono completamente stagne e dotate di chiusura con chiave. Per il resto la moto ha la comodità del sistema keyless ed una altrettanto pratica presa USB nascosta nella zona frontale sotto al serbatoio.
Lo stile è molto classico e ci si sente un po’ l’agente Porcharello (o il collega Baker) dei CHiPs, mitica serie TV anni ’70 dove però le moto erano giapponesi e non americane (per la precisione delle Kawasaki KZ 900 e 1000, in un periodo in cui le forze dell’ordine americane, complice proprio la crisi dell’Harley-Davidson si erano dotate anche della italiana Moto Guzzi V7 Ambassador 750). A dare la sensazione di essere su una moto da viaggio è soprattutto il parabrezza, con un look rigorosamente retrò, grazie al taglio a metà, con la zona inferiore nera e la parte trasparente solo dove effettivamente deve andare lo sguardo. Insieme alle borse è l’elemento che maggiormente contraddistingue questo modello dalle altre Softail, anche se è facilmente asportabile. Senza, la moto cambia faccia e la Heritage Classic si trasforma in una moto forse ancora più affascinante, soprattutto in questa colorazione nera. Spiccano infatti solo alcuni dettagli cromati, in un contesto quasi completamente orientato al nero, opaco o lucido che sia. In questo, l’ultima Heritage Classic compie infatti un ritorno al passato, rinunciando a gran parte delle cromature, a favore di uno stile decisamente più tradizionale e sobrio, se vogliamo.
Come su ogni H-D i dettagli contano e qui nulla è lasciato al caso. A cominciare dai cerchi a raggi, abbinati ad un canale nero ed a cover cromate sui mozzi. La tradizione si sposa poi con la tecnologia, con un bel gruppo ottico con firma luminosa a LED, oppure con la strumentazione, rigorosamente racchiusa nel grosso elemento circolare sul serbatoio, che però include nella porzione bassa un display, che grazie ad un tasto sul blocchetto sinistro al manubrio snocciola un buon numero di dati, inclusi il contagiri, l’autonomia e la marcia inserita. Oltre al classico “fronzolo” del finto secondo tappo sul serbatoio, troviamo poi il comando del cruise control, a ribadire la voglia di viaggiare di questa Softail. Le borse sono ben realizzate, con un rivestimento che richiama quello della sella, ma con una struttura in plastica che ne garantisce l’impermeabilità e la solidità, nonché la sicurezza data dalla presenza della chiusura con chiave. Certo, la capacità è relativamente ridotta se le paragonate a quelle dei modelli della famiglia Touring, ma qui l’ingombro è ben più contenuto e comunque ci si possono stivare i bagagli per un week end, senza grossi problemi. Oltre allo schienalino passeggero presente su questo esemplare, se la capacità non dovese bastare, si possono trovare altre soluzioni nell’infinito catalogo di accessori originali.
Il V2 twin è qui esclusivamente disponibile nella cubatura 114, alesaggio da 102 mm e corsa di 114 per la ragguardevole cilindrata totale di 1.868 cc. Lo conosciamo ormai molto bene, perché dopo aver debuttato sulle Touring equipaggia da un paio d’anni tutte le Softail (nelle versioni 107 o 114, 117 sulle sole CVO). Si tratta di una delle evoluzioni più importanti nella ultrasecolare storia del V2 più famoso del mondo. Dotato di 4 valvole per cilindro e di un doppio contralbero per ridurre del 75% le vibrazioni rispetto alla precedente generazione, avrebbe potuto eliminarle in toto, ma a Milwaukee hanno giustamente giudicato che un’Harley senza “good vibrations” non poteva esserci. Quanto alle prestazioni, a contare qui è la curva di erogazione, ancor prima dei numeri, davvero piena e regolare fin dal regime del minimo. La scheda tecnica parla prima di un ragguardevole valore di coppia massima di 155 Nm a 3 mila giri, senza però negarsi (come in passato era consuetudine), di potersi vantare della sua potenza, dichiarata in ben 93 cavalli a 5.020 giri/min. Sound appagante (lo sarebbe ancor di più se liberato in parte da uno scarico opzionale), il “114” ha un carattere che non si può che amare. Alcuni puristi lo trovano così perfetto da non essere Harley, ma all’atto pratico è difficile trovargli di difetti veri. Spinge forte lungo tutto l’arco di erogazione, da poco più di 1.500 giri fino al limitatore posto a circa 5.500. Lo si può sfruttare per la sua schiena infinita, limitando al massimo l’uso del cambio, oppure spremerlo a fondo, magari lasciando una generosa virgola con la gomma posteriore in partenza.
Rivoluzionate dall’ultimo aggiornamento, tutte le nuove Softail (che prendono l’eredità di due telai, il “vecchio” Softail ed il Dyna) passano ad una soluzione che è il cuore della rivoluzionata ciclistica. Parliamo del monoammortizzatore posteriore orizzontale, sapientemente celato nella zona sotto alla sella. Insieme alla nuova forcella dual-bending valve, questo elemento decisamente più moderno e raffinato fa fare un balzo in avanti a tutti i modelli della gamma, in termini di handling e guidabilità. Si tratta, tra l’altro, di un telaio che fa risparmiare molto sulla bilancia (fino a 17 kg in meno rispetto al precedente), con una rigidità nettamente superiore (sale del 65% il telaio, del 34% il nuovo forcellone)
Le migliorie del nuovo telaio non si sentono sono sulla bilancia, con un peso che è ora di 316 Kg a secco (330 in ordine di marcia), ma sono evidenti soprattutto nella dinamica di guida. Se un tempo le moto della casa americana non facevano di questo le loro migliori doti, oggi è possibile alzare l’andatura, godendosi le prestazioni molto interranti dei nuovi motori Milwaukee-Eight, senza temere il momento in cui si avvicinerà una curva. La frenata non richiede più infatti uno sforzo da atleta sulla leva, anzi, mentre i dischi freno, morsi da pinze a quattro pistoncini all’anteriore e due al posteriore, sono parte di un impianto che consente di arrestare questa Heritage Classic in spazi contenuti e senza sorprese. Certo, nasce per essere guidata in stile Harley, godendosi un propulsore pastoso e pieno ai bassi, piuttosto che cercare un allungo che non è nelle sue corde, ma ci si può togliere la soddisfazione di provocare qualche scintilla con le pedane, che offrono un angolo massimo di piega nell’intorno dei 28 gradi (27.3 a destra, 28.5 a sinistra), affrontando in modo “allegro” qualche curva. I meriti vanno al nuovo telaio Softail ed alle sospensioni Showa Dual Bending Valve, ma a fare un deciso cambio di passo è soprattutto il moderno schema con monoammortizzatore posteriore, che rende anche questo modello della gamma sempre piacevole da guidare, anche dove ti aspetteresti che lei mostrasse i suoi limiti. Non è complicato nemmeno usarla in città, grazie ad una sella a 680 mm da terra che fa sembrare uno scooter una moto da Enduro, per quanto si sta seduti in basso. Da qui il peso, che se pur più contenuto non è comunque poco in senso assoluto, non è un problema praticamente per nessuno, nemmeno in manovra. Ai semafori non mancano gli sguardi dei più curiosi, che potreste sorprendere lasciandovi prendere la mano e partendo “sportivi”. Certo, non nasce per questo, ma tra le caratteristiche della Heritage Classic, una delle più positive è proprio il suo sapersi adattare a stili di guida differenti, a seconda del vostro umore. In città poi si può cambiarle il look, lasciando a casa il suo parabrezza, in attesa del prossimo viaggio. In questo caso, sarà un effetto più psicologico che altro, la sensazione è di guidare una moto anche più maneggevole.
Per quanto riguarda la voglia di partire all’avventura, con consumi dichiarati in 5,6l/100km e con un serbatoio da 18,9 litri, l’autonomia promessa è di oltre 330 km, che possono scendere se vi lasciate andare con la manetta dell’acceleratore, altrimenti il Milwaukee-Eight sa anche essere piuttosto parco (soprattutto se pensate alla cubatura esagerata di 1.868 cc).
Quanto al prezzo della Harley-Davidson Heritage Classic 114, si parte dai 24.800 euro di questo vivid black, ce ne vogliono 300 in più per altre finiture tinta unita, mentre quelle bicolore fanno salire il conto a 25.500 euro, mille in più se non vi accontentate di scegliere tra una delle possibilità a listino (sono sei le colorazioni in totale, tra tinta unita o bicolor), ma ne volete una completamente personalizzata.
Casco: Helmo Milano Audace Silverstone
Giacca: Alpinestars Crazy Eight
Guanti: Alpinestars Rayburn V2
Jeans: Alpinestars Copper V2
Scarpe: Alpinestars J-6 Waterproof