Prova Honda Africa Twin 1100 DCT Adventure Sports 2020: caratteristiche e prezzo

Honda Africa Twin 1100 Adventure Sports – Si tratta di un nuovo capitolo di una storia lunga oltre 30 anni, non di un semplice aggiornamento ad Euro 5, come qualcuno poteva attendere. Dopo la rinascita di un modello epico, con la CRF1000L del 2015, in grado di raccogliere più che degnamente l’eredità importante delle sue antenate vincenti alle mitiche Dakar di fine anni ’80, l’Africa Twin è stata poi aggiornata nel 2017 alle normative Euro 4, con l’adozione del ride by wire e la nascita della versione Adventure Sports con serbatoio maggiorato e sospensioni ad escursione maggiorata. Ora, quando era ipotizzabile un nuovo aggiornamento, visto che il modello era ancora relativamente “giovane” ed in grado di ottenere buoni risultati in termini di vendite, Honda stupisce i suoi clienti rivoluzionando uno dei suoi best seller. Il motore passa infatti ad una cilindrata maggiore, con un cospicuo incremento della corsa che ne cambia sensibilmente anche il carattere, ma è tutto nuovo anche il telaio, con una ciclistica che nella versione più ricca guadagna poi sospensioni a controllo elettronico, mentre davanti a se, debutta un inedito cruscotto tutto digitale, con un generoso schermo TFT Touch a colori da 6.5”, che integra Apple CarPlay, per il mirroring di funzionalità dal proprio smartphone. Fa quasi pausa il blocchetto di sinistra, con tutti quei tasti per navigare tra le tante funzionalità, ma la dotazione si arricchisce anche di tutto ciò di cui in passato qualcuno poteva lamentarsi. Troviamo infatti cerchi tubeless con raggi tangenziali, cruise control e molto altro. Oltre a questo le carte sono ulteriormente rimescolate dai nuovi ruoli delle versioni standard e della Adventure Sports, con quest’ultima che non è più la specializzata per l’offroad più impegnativo, ma quella votata ai viaggi. Entrambe sono pronte al fuoristrada anche “aggressivo”, con la AS che rende tutto più facile, ma per i puristi è ora la “base” forse la miglior scelta, visto che mantiene cerchi con camere d’aria, sospensioni tradizionali ed un peso leggermente più contenuto (-14 Kg).

Bella e tecnologica

Se il bello è un concetto di per se soggettivo, è dura dire che l’Africa Twin non faccia del suo aspetto una delle sue carte vincenti. Le rivali dividono normalmente il pubblico tra chi le apprezza anche nel look e chi invece o sorvola sul gusto estetico, oppure le evita proprio per l’aspetto non accattivante. L’Africa Twin invece affascina praticamente tutti, anche chi magari poi compra altre motociclette. È così dai primi prototipi visti ad Eicma ancor prima del ritorno ufficiale nel 2015, continua ad esserlo a maggior ragione per la nuova 1100, che migliora in tantissimi aspetti, con un lavoro di fino fatto di novità e di soluzioni a quelli che in passato potevano essere dei difetti. Ha un nuovo sguardo, con la firma luminosa DLR circolare spezzata in quattro elementi, mentre lo stile resta immutato. Bastano pochi istanti per rendersi però conto, soprattutto se ci si ricorda la “vecchia” 1.000 o se (ancor meglio) la si mette di fianco alla nuova CRF1100L, delle tantissime differenze. Il telaio è nuovo, come si evince anche dalle parti in vista, con il telaietto posteriore che è ora imbullonato e non saldato, le finiture sono migliorate e la moto in generale sale di livello. Ne sono importanti indizi i bellissimi cerchi, che mostrano raggi fissati esternamente al canale per poter fare a meno delle camere d’aria, oppure la strumentazione, primo degli elementi “tecnologici” dell’Africa Twin 2020. Si tratta infatti di uno schermo da 6.5” che può essere gestito in modo tattile (da fermi) oppure con un blocchetto sinistro che definire caotico e poco. Incute quasi paura dalla quantità di tasti presenti, ma scopriremo nell’uso della moto che tutto è infondo molto meno complicato di quanto non si possa immaginare.

Sale tutto di livello, ciclistica inclusa  

Un dato su tutti lascia intuire tutto il lavoro fatto: la nuova Africa Twin è più leggera di circa 3 Kg (sono quasi 5 sulla standard, priva di sospensioni elettroniche), malgrado una dotazione più ricca ed una maggior cilindrata. La dotazione elettronica è davvero al top, con una piattaforma inerziale con IMU a 6 assi, cornering lights progressive per illuminare al meglio la strada anche in curva e con il debutto delle sospensioni elettroniche Showa EERATM (Electronically Equipped Ride Adjustment) integrato con i Riding Mode. Si confermano invece le dimensioni dei cerchi, con il 21” anteriore abbinato al 18 dietro, mentre il passaggio a sospensioni semi attive consente di ridurre l’escursione (-22 mm davanti e 20 dietro) e l’altezza da terra, senza rinunciare alle doti in offroad. Così ora anche la Adventure Sports non fa più paura a chi non sia uno spilungone, con la sella che è posta a 50 mm in meno da terra (85-87 cm, mentre in precedenza si poteva arrivare addirittura a 92). La sella è poi più stretta di 2 cm nella zona centrale, altro dettaglio che facilita l’appoggio dei piedi a moto ferma ed in manovra.

Il motore (finalmente) protagonista

Fin dal suo debutto, la ritrovata Africa Twin aveva fatto di cilindrata e prestazioni le sue scelte “fuori dal coro”, che in parte le avevano consentito di ottenere un meritato successo. Una cavalleria più umana di rivali che, negli anni, erano salite di cubature e potenze fino a valori un tempo destinate alle supersportive. Se a molti i suoi 95 cavalli sembravano perfetti, qualcuno poteva desiderare qualcosa in più. Ecco che quindi Honda, in occasione dell’entrata in vigore delle norme Euro 5 (che obbligano le case motociclistiche ad importanti aggiornamenti) ha deciso di alzare l’asticella, senza però perdere di vista l’equilibrio e l’approccio della “mille”. Sale infatti la cilindrata, con l’alesaggio che resta invariato a quota 92 mm, ma la corsa che viene incrementata di ben 6,4 mm (da 75,1 a 81,5), con un conseguente valore di 1.084 cc (erano 998). Questa crescita si traduce in sette cavalli in più (102 contro 95) e 6 Nm di coppia aggiuntivi (sono ora 105). Il “corsa lunga” nel cambiamento guadagna un carattere migliore lungo tutto la curva di erogazione. È infatti più pronto e pieno in basso ed ai medi, ma ha anche un allungo decisamente più incisivo, ben oltre quello che i 7 cavalli in più potrebbero lasciar presagire. Il tutto viene condito da una elettronica da  prima della classe, grazie al cuore del sistema, la piattaforma inerziale a 6 assi, in gradi di gestire non solo il controllo di trazione (a 7 livelli) ed il cornering ABS, ma anche l’anti impennata su 3 livelli. La novità è quindi il debutto di un sistema divenuto molto utile per la maggior esuberanza del bicilindrico, che agisce separatamente dal controllo di trazione, mentre l’antibloccaggio in frenata ha ora due livelli di intervento ed impedisce il sollevamento del posteriore. Il tutto può essere gestito manualmente sul singolo parametro, oppure con i ben sei riding mode disponibili (quattro standard e due personalizzabili). Oltre a elettronica di motore, freni e sospensioni si agisce anche sulla trasmissione, nel caso della versione DCT, andando a modificare l’azione del doppia frizione, anche a moto inclinata. Restano le varie modalità, da quelle standard a quelle sportive, passando per la G destinata al fuoristrada, senza dimenticarsi della possibilità di un utilizzo completamente manuale.

I dubbi solo prima di salire in sella

Le novità sono tante, ma i dubbi anche. Inutile negarlo, la nuova Africa Twin ha sbalordito un po’ tutti con le tante novità, ma anche per il prezzo che la colloca in modo differente rispetto al passato. Se per la “base” l’incremento è abbastanza contenuto e nell’ordine dei 1.500 euro, la Adventure Sports con cambio DCT arriva addirittura a sfiorare quota 20 mila. La curiosità era quindi anche quella di capire se tutte le migliorie e le novità (con una dotazione certamente molto più ricca) giustifichino un tale aumento.

L’altro dubbio, oltre al prezzo, viene dopo aver acceso il quadro ed osservando i tanti tasti del blocchetto di sinistra sul manubrio. I meno “smart” potrebbero quasi spaventarsi alla vista di quello che sembra una calcolatrice anni ’90. Una quindicina di tasti, includendo quelli del cambio DCT, in pochi centimetri quadrati. Il verdetto è che, se nei primi chilometri è effettivamente difficile riuscire a gestire frecce e clacson senza togliere lo sguardo dalla strada, dopo un po’ di tempo ci si accorge che tutto è in realtà abbastanza intuitivo e “ragionato”. Un altro fattore da tenere in considerazione è che, la miriade di parametri e funzioni a disposizione, vengono normalmente modificati una tantum, per poi essere richiamati attraverso i Riding Mode, oppure gestiti all’occorrenza. In quel caso è vivamente consigliato di farlo a moto ferma, anche per poter fruire del pratico schermo touch, alternativo e più semplice dei tasti.

In sella è sempre lei, ma molto meglio

Sciolti i dubbi sulla presunta eccessiva complicazione della strumentazione (che apre invece ad un utilizzo che era ancora ignoto al mondo delle due ruote, inclusa la presenza di ApleCarPlay), resta quindi da capire se l’Africa Twin Adventure Sports sia all’altezza del suo listino non propriamente “popolare”. La prima sorpresa positiva viene dal nuovo bicilindrico, le cui doti vanno ben oltre quanto i meri dati tecnici non lascino trasparire. Senza saperlo, avremmo detto che i cavalli in più sono ben più di sette. Il carattere del propulsore è infatti decisamente più appuntito ed aggressivo in alto, ma al contempo resta la gran schiena e la prontezza ai bassi, che addirittura è migliorata rispetto al passato. Che se ne faccia un uso “turistico” o che si chieda tutto in termini di prestazioni, la nuova Africa Twin riesce a far meglio del modello che rimpiazza, che non era certamente una base di partenza malvagia, anzi!

Aprendo tutto ed impostando l’antiwheeling in modo permissivo, anche con questa versione DCT (quindi senza metterci la malizia con la leva della frizione), l’anteriore si alza con una certa facilità. Oltretutto la cosa è (teoricamente visto che il codice della strada lo vieta, oppure su suolo pubblico) alla portata di tutti, perché basta aprire il gas e lasciare che a gestire il tutto sia l’elettronica. Uno dei pregi dell’Africa Twin DCT è infatti quello di poter diventare, ad esempio in città, uno “scooterone da oltre 100 cavalli”. Niente frizione e cambio, basta dosare la potenza con il gas e le cambiate verranno effettuate al giusto regime, in basso quando si vuole procede “morbidamente”, sfruttando la potenza a disposizione quando si spalanca l’acceleratore. A voler trovare il pelo nell’uovo il DCT è un po’ poco fluido a freddo, ma bastano pochi minuti per far si che entri in temperatura ottimale e che le cambiate si facciano meno ruvide.

Notevole la differenza a moto ferma ed in manovra, dove l’altezza ridotta e la nuova forma della sella rendono tutto molto più facile (non si sta più in punta di piedi, anche se si è sotto il metro e ottanta), mentre le sospensioni elettroniche rendono più versatile l’Africa Twin. Grazie alla lettura dei parametri della piattaforma inerziale ed alla modalità di guida selezionata, lei risponderà sempre nel modo migliore, che siate su asfalto o meno. I meriti vanno in parte anche alla gommatura di primo equipaggiamento, siano esse le Bridgestone AX41T o le Metzeler Karoo Street (presenti sull’esemplare da noi provato), che appoggiano sui nuovi cerchi, finalmente dotati di raggi tangenziali e quindi tubeless.

Una delle migliori in off, ora si fa affilata che su asfalto

Resta un riferimento assoluto nella guida in fuoristrada, dove soprattutto in versione DCT mette in condizioni anche i meno esperti di potersi divertire non poco, ma la nuova Honda Africa Twin 2020 diventa ora decisamente più a suo agio anche su percorsi stradali tortuosi affrontati in modo più aggressivo. Se un primo importante step lo aveva fatto un paio di anni fa (nella versione con acceleratore ride by wire), ora sale ancora di più in modo evidente ed avvicina avversarie con cavallerie più importanti, che oggettivamente per strada si sfruttano di rado. L’escursione delle sospensioni scende, ma resta importante, con ben 230 mm per la forcella anteriore e 240 per il mono posteriore, ma l’Africa Twin AS 2020 promette di non andare a pacco nemmeno nei passaggi più impegnativi, sempre grazie alle nuove sospensioni, in grado di capire, ad esempio, se la moto stia saltando o se sia in piega su asfalto.

Più la usi, più la ami

Via via che si accumulano i chilometri percorsi e che trascorrono i giorni, la nuova Africa Twin conquista punti e si fa amare sempre più. Lo fa in tante direzioni, perché è diventata una modo perfetta per un utilizzo a 360 gradi, sia in termini di comfort che di piacere di guida. Si apprezzano tanti dettagli, come gli indicatori di direzione a rientro automatico, ma anche le quattro frecce che si azionano in caso di frenata importante, avvisando chi vi segue, mentre manopole riscaldate e plexy regolabile (manualmente su cinque posizioni) rendono la guida più piacevole anche in inverno. La differenza la fanno però ciclistica e motore, perché rendono l’Africa Twin migliore rispetto al passato, ampliando il sua range di utilizzo ottimale. Da un lato le sospensioni elettroniche, dall’altro un propulsore più tondo e lineare sotto e più rabbioso sopra (magari sfruttandolo al meglio con le modalità sportive del DCT, come S2 ed S3). Anche con il nuovo 1100 l’Africa Twin non mette mai paura, ma ora ha ben poco da invidiare alle sue rivali più agguerrite. Che poi, a pensarci bene, di rivali ne ha tante e nessuna. Il confronto lo si può fare sulle singole caratteristiche, ma nel complesso non esiste una moto che si possa realmente definire una rivale diretta. A tutti verrebbe da pensare alla regina del mercato, BMW R 1250 GS in versione standard o Adventure, la sono troppe le differenze con la nuova Africa Twin, anche dopo l’ultimo aggiornamento. Non ci riferiamo solo alle prestazioni (la tedesca vanta ben 31 cavalli in più), ma anche ai tanti punti a favore della giapponese, primo tra tutti una vocazione all’offroad alla portata anche di un pubblico non esclusivamente di esperti.

Conclusioni e prezzi

Concludiamo con una nota ai consumi, che abbiamo rilevato nell’ordine dei 6 l/100 km come valore minimo, avvicinando invece il valore dichiarato (20.8 km/l) in uso extraurbano. Sale la capacità del serbatoio della Adventure Sports, da 24.2 a 24.8 litri.

Tutto ha un prezzo, verrebbe da dire, come dimostrano i circa 1.300 euro in più per la standard con cambio DCT (da 14.640 euro a 15.990), m soprattutto i quasi 4 mila euro aggiuntivi necessari per portarsi a casa una Adventure Sports DCT come quella che abbiamo provato, che giustifica la differenza in virtù di una dotazione da prima della classe (la manca solo il cavalletto centrale – optional a pagamento), inclusi i cerchi tubeless e le sospensioni elettroniche, fermandosi a quota 19.990 euro. Per entrambe le versioni sono mille gli euro che si risparmiano con il cambio manuale, ma guidando una DCT passa la voglia della leva della frizione…

ABBIGLIAMENTO UTILIZZATO

Casco: Kona Explorer Matt white

Pantaloni: T’UR P-One

Guanti: T’UR G-Two

Giacca: T’UR J-Two

Stivali: Stylmartin Impact RS

 

 

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