Royal Enfield Himalayan – Salire in sella alla “Hima” è un po’ come tornare al passato. Nel senso positivo, ben inteso, perché la moto è comunque in generale moderna e ben realizzata. In un mondo in cui cilindrate e potenze sono salite (in modo forse fin esagerato, direbbe qualcuno), oggi risalire su una dual purpose con un monocilindrico da circa 25 cavalli fa un certo effetto. L’idea è abbastanza chiara ed è allineata con la visione del brand indiano, che punta sul piacere di guida “facile”, senza spaventare con le prestazioni, ma cercando di far venire la voglia di partire all’avventura con la propria moto. Indubbiamente questa idea negli ultimi anni ha dato i suoi frutti, visto l’enorme successo raccolto. Ricordiamo infatti che, se pure quasi esclusivamente in madre patria (dove vende circa il 98% delle moto prodotte), Royal Enfield ha raggiunto quota un milione di moto all’anno! In Europa piuttosto che la mitica Bullet (la moto più longeva della storia delle due ruote), le nuove bicilindriche Interceptor (che abbiamo recentemente provato) e Continental GT 650 sono forse più accattivanti ed in grado di raccogliere consensi e vendite, ma anche la Himalayan ha una schiera di affezionati e sostenitori. Pensate che il gruppo “Royal Enfield Himalayan Italia” su Facebook ha 1.600 iscritti circa ad oggi e, se andate a sbirciarvi, troverete post e contenuti che fanno capire lo spirito di questo modello. Non pensate alla moto economica scelta solo per il prezzo, ma piuttosto ad un mezzo trasversale, in grado di raccogliere le attenzioni di chi voglia tornare in moto (dopo un periodo di “astinenza” o lasciando lo scooter) o iniziare a farlo, consapevole che lei potrebbe essere la compagna degli spostamenti cittadini, ma anche di un viaggio intorno al mondo.
Lo dichiara fin dal nome: nasce pronta a tutto. Basta guardarla per capire che, anche se il suo cuore monocilindrico non ha numeri da fare effetto, lei vuole portarvi in capo al mondo. Protezioni metalliche per mettere al sicuro la meccanica da ogni eventualità, con barre che avvolgono il serbatoio ed anche il motore, doppio parafango anteriore per la praticità da un lato (quello basso) e l’estetica adventure dall’altro (quello alto), ma nel nostro caso anche una colorazione camouflage e borse rigide laterali. Tutto è semplice, volutamente votato a non far lievitare i costi ed alla facilità delle riparazione, ma comunque la sensazione è di una moto ben realizzata. Ci sono poi richiami al passato ed alla tradizione, come i soffietti parapolvere sulla forcella, oppure la strumentazione prettamente analogica. Non mancano due display, uno per i dati su chilometri, orologio, temperatura ed anche marcia inserita, l’altro con una bussola, elemento non secondario rispetto alla filosofia della Himalayan. C’è anche un piccolo parabrezza, regolabile su due posizioni a moto ferma e con un attrezzo, mentre il motore, con il logo del marchio ben visibile, è anche stilisticamente un elemento centrale nel look della moto.
Il motore è rifinito in modo minuzioso a livello estetico, con una gradevole colorazione nera opaca, proprio perché ha un ruolo anche nell’immagine generale della moto, ma è soprattutto il cuore della Himalayan, quello che ne definisce il carattere alla guida. Si tratta di un monocilindrico con classico raffreddamento aria/olio, denominato LS410. È un “corsa lunga”, fattore che lo rende pieno ai bassi e dall’allungo invece più contenuto, con 78 mm di alesaggio e 86 di corsa. Come dice il nome, la cilindrata è di poco oltre 400 cc (411 per la precisione), mentre sul fronte prestazioni è capace di 24,5 cavalli, erogati a 6.500 giri, con una coppia massima di 32 Nm a 4.250 giri. Siamo a circa la metà del limite di legge per la patente A2 e questo fa capire quanto la potenza sia secondaria rispetto agli obiettivi di questo modello. La curva di erogazione è invece il suo asso nella manica, perché se è vero che non è un portento in alto, ai medi dà il meglio di se e riesce a trarvi d’impaccio anche nelle situazioni più delicate. La Himalayan nasce infatti per poter essere utilizzata anche in offroad, dove la buona coppia e la rapportatura corta delle prime marce riesce a sfruttare al meglio le doti dell’LS410. Il cambio è un 5 rapporti, anche questo è un elemento ormai desueto e che ci riporta un po’ al passato, ma in realtà bastano e sono anche ben spaziati. I primi tre sono corti per offrire un buon brio, quarta e quinta sono più lunghe per salire con le velocità quando le strade lo consentono.
Se l’aspetto del propulsore è volutamente un po’ retrò, non lo è la sua tecnica, con la presenza del contralbero di bilanciatura, un moderno sistema di iniezione ed è un monoalbero in testa, abbandonando la distribuzione ad aste e bilancieri che troviamo sui motori monocilindrici della gamma Royal, Bullet prima tra tutte.
Lo scheletro della Himalayan è un telaio a doppia culla in tubi di acciaio. A svilupparlo è stata chiamata la Harris Performance (nota azienda inglese specializzata anche sulle moto sportive, che ha disegnato anche il telaio che accomuna le due bicilindriche della casa indiana). Qui non siamo di fronte ad una moto da competizione, ma le scelte sono un ottimo compromesso, con al posteriore un monoammortizzatore con leveraggi di tipo progressivo e con escursioni delle sospensioni di 200 mm davanti e 180 dietro, mentre la luce a terra è di 220 mm.
Tutte caratteristiche che non fanno della Himalayan un mezzo per fuoristrada estremo, ma che le consentono comunque di affrontare strade bianche e qualche passaggio difficile in tranquillità, anche grazie alle coperture Pirelli MT60, nelle misure 90/90 su cerchio anteriore da 21″ e 120/90 su 17 dietro. Quanto ai freni l’impianto è dotato di ABS, come di legge, con doppio disco, l’anteriore da 300 mm e da 240 al posteriore. Infine il peso, non troppo elevato, con 191 kg a secco, mentre la sella si posiziona a 800 mm da terra.
Saliamo in sella e la voglia di partire un po’ viene anche a noi. La Himalayan ha quello spirito che la accomuna con modelli storici importanti, con una meccanica semplice che lascia pensare che l’affidabilità sia nelle sue corde, consumi contenuti e tutte le carte in regola per affrontare un lungo tragitto. Questo esemplare è dotato poi anche delle opzionali borse laterali rigide, che aggiungo un tassello importante in ottica turismo. Sono più economiche di altri prodotti, senza però scendere con la qualità, mentre le dimensioni sono “di compromesso”. Consentono infatti di stivare uno zaino o altri oggetti, non ci stanno i caschi, per evitare di salire con gli ingombri rendendo più complicata la guida della moto. Di contro il sistema di fissaggio non consente di sganciarle rapidamente, ad esempio per portarle con se in casa o in camera di albergo, come in altri casi.
La Himalayan invoglia alla guida rilassata, ma in città i rapporti corti delle prime tre marce supportano bene e con brio le ripartenze e le accelerazioni. Il cambio offre innesti piuttosto precisi e morbidi, con una leva della frizione decisamente leggera. Allunga in quarta e quinta, con la quale si arriva anche ad oltre 130 km/h indicati, ma la moto oltre i 110 inizia ad essere un po’ stabile e “suggerisce” di mantenere in autostrada un’andatura di 100-110, al massimo 120 km/h di tachimetro. Solo a queste andature si iniziano a sentire le vibrazioni, per altro contenute grazie alla presenza del contralbero e limitate alle pedane, non fastidiose invece al manubrio, dove sono più ridotte.
Si apprezza l’utilità della bussola, perché con l’Himalayan si finisce spesso per viaggiare senza stress e fretta, con più voglia di avventura, esplorando un percorso senza affidarsi obbligatoriamente ad un navigatore. Se poi si finisce su strade secondarie, magari sterrate, quasi meglio, vista la facilità che si ha nell’affrontarle con lei. Lo dimostra, ad esempio, la partecipazione di una donna all’edizione 2019 della Gibraltar Race, in cui la “Hima” è arrivata al traguardo, dopo oltre 15 giorni di percorsi impegnativi.
La strumentazione è semplice, ma offre tutte le informazioni principali, incluso il termometro ambientale e la marcia inserita, mentre la postura imposta dalla triangolazione pedane – manubrio – sella è ottima e rilassata, naturale anche nella guida in piedi. La sella è abbastanza comoda, anche se dopo le tratte più lunghe si nota il fatto che sia un poco rigida.
Tanti pregi insomma, primo tra tutti quello di essere una moto facile ed economica, ma pronta a tutto, dal traffico delle città, dove è una validissima alternativa ad uno scooter, fino alle strade bianche ed i viaggi più estremi. Il solo difetto importante è quello di freni, dove l’azione dell’ABS è ottima, ma il mordente è limitato e gli spazi d’arresto non dei migliori. In questo non l’aiuta la forcella, che affonda in modo importante, non essendo ovviamente delle più sostenute.
La Royal Enfield Himalayan viene offerta ad un prezzo di 4.800 euro, 100 in più per questa colorazione Sleet, alternativa al bianco (o meglio Snow) ed al grigio scuro (Granite). Quanto ai consumi, si possono percorrere anche 32-33 km/l, con un valore prossimo ai 30 km/l ad andature autostradali, dove si raggiunge forse il massimo consumo. Con ben 15 litri di serbatoio, di cui 5 di riserva, l’autonomia è decisamente elevata, intorno ad almeno 450 km. Si potrebbe quasi girare il mondo perennemente in riserva, dato che gli ultimi 5 litri consentono di percorrere oltre 150 km!
Casco: Kona Explorer Matt white
Pantaloni: T’UR P-One
Guanti: T’UR G-Two
Giacca: T’UR J-Two
Stivali: Stylmartin Impact RS