Royal Enfield Interceptor 650 – Ad EICMA 2017 Royal Enfield ha svelato un nuovo motore, denominato “THE TWINS”, che segnava per il brand il ritorno al bicilindrico dopo 40 anni di assenza, che avviene proprio con due nuovi modelli, la Continental GT e la Interceptor 650, che hanno recentemente fatto il loro debutto e che condividono ovviamente il cuore a due cilindri paralleli frontemarcia, ma non solo. Harris Performance (noto costruttore inglese di parti di moto con alle spalle partecipazioni a svariati campionati anche Mondiali, SBK e Moto2 inclusi) è stato infatti incaricato dello sviluppo dello scheletro in cui alloggiare il nuovo propulsore. Il risultato è un telaio perfetto per lo scopo, come scopriremo parlandovi delle nostre impressioni alla guida della Interceptor. Buone le finiture, un salto di livello per Royal Enfield, per entrare in un nuovo segmento nel migliore dei modi, con poche cadute di stile, che si scovano solo analizzando nel dettaglio la moto.
La nuova Royal Enfield Interceptor 650 si fa subito notare per il look vintage, sottolineato nel nostro caso anche dal suo colore davvero particolare e piacevole, un “poco timido” arancio metallizzato. In questo la casa indiana, perché deve il grande successo nel recente rilancio (nel 2018 ha prodotto ben 850 mila motociclette), proprio allo stile ed all’aspetto dei suoi prodotti. Qui però siamo davanti al top della gamma e si vede. I dettagli sono infatti ben curati e denotano la voglia di fare “la grande”, con stile e con la giusta qualità. Gli elementi principali intorno ai quali la Interceptor si sviluppa sono i bei cerchi in alluminio a raggi, da 18” pollici per entrambe le ruote e con canali chiari, il telaio in tubi neri ed il motore, lasciato in bella vista e che sottolinea il suo ruolo da protagonista assoluto con i carter lucidati. Stessa finitura per il doppio scarico, con i due terminali che si allungano fino a tutto l’ingombro della ruota posteriore.
Lo stile è infatti davvero vintage e non si piega alle mode più recenti. Non mancano i soffietti sugli steli forcella e poi l’esemplare da noi provato sfoggia accessori dedicati, come il coperchio liquido freni ricavato dal pieno e con il logo della casa, gli specchietti, la copertura del traverso del manubrio o il piccolo cupolino dal look ricercato, con la porzione inferiore incastonata in un profilo in metallo. Ben si abbinano al resto dei dettagli, sella inclusa, che ha una accattivante finitura trapuntata e che, nelle forme, lascia intuire ciò che poi troverà conferma guidandola: un gran comfort. In questo troviamo uno dei punti di forza della Interceptor, il riuscito mix tra estetica accattivante e comodità e praticità di utilizzo. Non impone alcun sacrificio ed è anzi perfetta per un utilizzo a 360°, dal commuting settimanale alla gita nel week end. Da notare che, nella sua essenzialità estetica, offre un pratico vano sotto il fianchetto destro (con serratura) perfetto per alloggiare i documenti e piccoli oggetti.
Il progetto dei due nuovi modelli nasce intorno al nuovo propulsore bicilindrico, naturalmente. La Continental prende in prestito solo il nome dalla sorella 535 GT ad un cilindro, mentre la Interceptor rispolvera il nome del modello “storico”, la 700 prodotta negli anni ’60. Il cuore è il 648 cc che reinterpreta in chiave moderna concetti “eterni” in ambito motoristico. Non mancano tocchi di modernità ed infatti alla guida emergeranno doti totalmente inattese (almeno a nostro avviso), ma il suo look è coerente con una casa che fa dello stile retrò il suo biglietto da visita.
Così al raffreddamento rigorosamente aria / olio (con il piccolo radiatore ben celato nel telaio e con colorazione nera) si abbina una moderna distribuzione a 4 valvole per cilindro e non manca un contralbero per azzerare, o quasi, le vibrazioni. La scelta del manovellismo a 270 gradi gli regala poi una erogazione molto ben riuscita e la sensazione di avere tra le gambe quasi un “V2”, piuttosto che un 2 in linea frontemarcia. La potenza è quella divenuta classica, di circa 47 cavalli (proprio per stare nei limiti della patente A2) erogata a 7.250 giri, mentre la coppia massima si assesta a 52 Nm a 5.250 giri. Da segnalare il sistema di iniezione elettronica e gestione del motore, della Bosch, mentre il cambio è a 6 marce e risulta ottimo negli innesti, abbinato ad una frizione mai non troppo pesante e dotata di antisaltellamento.
Come accennato, per la nascita dei due modelli, intorno al “The Twins”, Royal Enfiled ha scomodato un nome decisamente altisonante. Lo ha fatto non solo per il ritorno in termini di immagine, ma soprattutto per regalare alle due modo una dinamica di guida che fosse all’altezza di un tassello importante per continuare con una operazione di rilancio che definire di successo è poco. Pensate che la casa indiana è in costante crescita, a ritmo di +50% rispetto all’anno precedente, oramai da oltre un lustro. Non bastava quindi un motore bicilindrico abbinato ad un telaio “modificato” dalle mono, ma serviva qualcosa di inedito e che fosse all’altezza delle attese.
Oltre a questo il resto della ciclistica promette altrettanto bene, con una forcella classica all’antetiore (con steli da 41 mm), abbinata ad una coppia di ammortizzatori al posteriore firmati Paioli, con precarico regolabili e serbatoio separato. Anche i freni vedono protagonista il nostro Paese, con la scelta di Bybre, marchio entry level, ma del gruppo Brembo e decisamente di ottimo livello. Qui troviamo un disco singolo all’anteriore, ma molto generoso nel diametro, di ben 320 mm. L’ABS è a due canali e ad aiutarlo troviamo le ottime gomme Pirelli Phantom Sportcomp, in misure 100/90-18 e 130/70-18 al posteriore. Il telaio rispetta la tradizione, è realizzato in tubi di acciaio e ha tanti pregi, ma tra questi la leggerezza non è il migliore. Il peso a secco è quindi ragguardevole, con 202 kg. Non fatevi impressionare dai numeri però, perché la stazza di una moto si giudica più dal risultato alla guida, che banalmente dalla scheda tecnica.
Una volta saliti in sella, proprio quello sul peso della Interceptor è uno dei dubbi che viene meno: sella a 793 mm da terra, stretta il giusto per appoggiare in modo ottimale i piedi (anche per i meno alti), nemmeno nelle manovre il peso “non piuma” si fa impegnativo da gestire, mentre in movimento è praticamente impossibile lamentarsene. La Interceptor risulta infatti perfetta anche per il pubblico meno esperto, per quanto si lasci guidare con facilità. La posizione di guida è una delle più naturali possibili, con il largo manubrio che non impone di spostarsi con il busto, che resta eretto e con una postura molto rilassata. Stando alzati si prende aria alle andature autostradali, in cui il piccolo cupolino opzionale aiuta il giusto, visto che è più un vezzo estetico, che un elemento funzionale.
La Interceptor per il resto è una secchiona, volessimo darle i voti in una ipotetica pagella. Facile, stabile e promossa sia in termini di piacere di guida che di erogazione del nuovo propulsore, che è una piacevolissima sorpresa. Molto fluido e regolare, inizia a spingere forte intorno ai 3 mila giri, ma senza bruschi cambi di carattere. Riprende bene anche da meno di 2 mila giri (l’80% della coppia è disponibile già a 2.500 giri) e non impone un uso intenso del cambio, peraltro ottimo sia per gli innesti (precisi ed anche morbidi) che per la sua rapportatura. La potenza massima arriva oltre quota 7 mila, ma il range perfetto di utilizzo di questo “sei e mezzo” è tra i 3 ed i 6 mila circa, dove gira ed offre il meglio.
Ha una gran bella schiena ed invoglia alla guida sportiva, quando si è sulle strade giuste. Qui emerge una ciclistica all’altezza, forse più orientata alla stabilità che alla maneggevolezza ed alla velocità nei cambi di direzione di una rapida sequenza di curve. La Interceptor non è faticosa da condurre da una piega all’altra, ma non è infatti nemmeno sveltissima a farlo, mentre impostata una curva segue la traiettoria senza alcuna incertezza, anche alzando l’andatura. Promosso anche il comparto freni, dove l’anteriore offre una buona potenza, ottima la modulabilità e non fa sentire troppo la mancanza del secondo disco, che sarebbe fin tropo per il segmento di appartenenza. Molto bene invece il posteriore, che anche se sollecitato in modo importante, non va mai in crisi e non diventa spugnoso. Infine una nota sulla strumentazione. È super classica nell’aspetto, con i due elementi circolari con ghiere cromate, che lasciano alla modernità solo lo spazio di un piccolo display sul lato sinistro, per livello carburante e contachilometri totale e parziale, ma a cui manca il rapporto inserito, che non guasta mai.
Il rilancio del brand, passato per una gamma di modelli monocilindrici, fa quindi un cambio di passo e promette bene, alla luce di quanto abbiamo potuto vedere nella nostra prova. Quanto ai consumi, grazie al serbatoio del carburante da 13,7 litri, l’autonomia è buona, circa 350 km, alla luce di un valore che abbiamo rilevato intorno ai 25 km/l nel nostro test.
Il prezzo della Royal Enfield Interceptor 650 è di 6.200 euro ed è disponibile in ben sei varianti cromatiche per il serbatoio (unico elemento che prevede una finitura differenziata in quanto a tinta). Due alternative monocromatiche a questo bell’arancio (nero lucido e grigio), oltre ad altre due opzioni bicolor (si pagano con 200 euro aggiuntivi). Infine la versione Chrome offre uno spettalare “Glitter & Dust”, con contrasti tra la zona lucida e quelle opache, con un sovrapprezzo di 500 euro rispetto alla base. Se scegliete invece la Continental 650 GT si parte da 6.400 euro, mentre per entrambe è a disposizione un ricco catalogo di accessori, alcuni dei quali vediamo proprio sull’esemplare da noi provato. Sono immancabili in questo segmento e tipo di moto e le due Twins di Royal Enfield non potevano fare eccezione, lasciando ampia libertà alla fantasia (ed al portafogli) del singolo, per personalizzare la propria moto.
Casco: Momo Design ZERO Pure
Giacca: Alpinestars Meta Drystar
Guanti: Alpinestars Bayburn
Jeans: Alpinestars Double Bass Denim Jeans
Scarpe: Alpinestars Jam Drystar