Nata da una base nota, quella della Suzuki GSX-S 1000 F, se ne differenzia per un “vestito” che richiama l’antenata che ha fatto la storia quasi 40 anni fa. Grazie ad altre novità, regala anche però un’inedita esperienza di guida
Suzuki GSX-S 1000 Katana – Il cuore è noto, si tratta del “mille”, quattro cilindri da 150 cavalli, derivato dal propulsore della GSX-R 1000 K5, di cui conserva buona parte della “cattiveria”, ma con elementi che lo rendono più moderno ed al contempo più pronto e pieno ai medio bassi regimi. Suzuki, ormai quattro anni fa, ci ha costruito intorno una moto “tedesca”, nel senso di Sport Tourer: comoda e dalla posizione per nulla sacrificata, con prestazioni che ne fanno una compagna perfetta non solo per viaggiare, ma anche per un turno in pista. Con o senza vestito (GSX-S 1000 F oppure GSX-S 1000 “liscia”), la prima lo scorso anno è diventata la base per un interessantissimo progetto, in cui l’Italia ci ha messo del suo (non per nulla quando si parla di design sappiamo ancora essere una eccellenza assoluta). La nuova Katana è la dimostrazione del fatto che una bella donna è una bella donna, ma con l’abito giusto addosso, attirerà inevitabilmente qualche sguardo interessato in più. Così la Suzuki GSX-S 1000 F prende in prestito uno dei vestiti più affilati e particolari, evocativo di una pagina molto importante del passato della casa di Hamamatsu e nasce la versione moderna della mitica Katana.
Suzuki Katana, almeno fino allo scorso anno, voleva dire GSX-1100 S. Correva l’anno 1980 e la casa giapponese stupì il Mondo con qualcosa di mai visto prima. Nasceva la prima moto sportiva moderna, con una carenatura a proteggere il pilota, che non si vergognava di “osare” con soluzioni che fecero discutere molto (che in gran parte ritroviamo oggi sulla moderna Katana). Restò in produzione dal 1981 al 1986, venne affiancata anche da una versione 750 e il nome fu abbinato poi a modelli di cilindrata inferiore, ma la Katana originale resta per tutti la 1.100, che non fu un successo assoluto, ma segnò profondamente l’evoluzione del mondo delle due ruote.
Se il design della prima Katana fu affidato al tedesco Hans Muth, oggi la scelta è ricaduta proprio sul nostro Paese, con Rodolfo Frascoli, dalla cui matita sono già nati modelli del Gruppo Piaggio, tra cui Moto Guzzi e non solo, ma anche Triumph, ad esempio. Questa volta l’italiano aveva l’arduo compito di richiamare il look di un modello tanto storico, quanto dalle linee controverse. Chi ha vissuto in prima persona quel periodo, ricorda infatti che la prima Katana è stata una provocazione forte, amata ed odiata proprio per il suo aspetto fortemente innovativo e fuori dagli schemi. Oggi la Katana piace decisamente di più, vuoi perché viviamo un periodo storico dove ciò che si ispira al passato entusiasma un po’ tutti, ma soprattutto perché il risultato è molto equilibrato e riesce a conciliare le linee affilate, quel cupolino a contrasto che sovrasta l’immancabile faro rettangolare, oggi a LED, con gli elementi moderni della moto da cui parte. L’unico compromesso (dal nostro punto di vista azzeccarto) è stato quello di rinunciare al lungo codone dell’antenata, in favore di un moderno e compattissimo codino.
Sacrificato sull’altare del design invece il serbatoio, che passa da 17 a 12 litri, mentre manubrio alto e largo (+35 mm) e sella (+15 mm fino a salire ad 825 complessivi) regalano una inedita e comodissima posizione di guida. La Katana, contrariamente a ciò che anche noi avevamo pensato dopo averla vista alla scorsa edizione di Eicma, non è banalmente una GSX-S con un vestito nuovo. Se la base meccanica le accomuna, un lavoro di affinamento rende sostanzialmente migliore questa nuova Suzuki, che beneficia non solo di una posizione di guida che si fa amare non poco, ma che perde ad esempio quel fastidioso on-off, grazie al nuovo comando del gas, che rende l’apertura più fluida e progressiva, pur avendo una corsa che ad alcuni potrà sembrare un po’ lunga.
Niente riding mode, ma l’elettronica prevede un utilissimo controllo di trazione su tre livelli, escludibile. Inedita la strumentazione, molto ricca di dati e che nella grafica dell’LCD cerca di richiamare la sua antenata. Anche le gomme, le Dunlop Roadsport2, sono dedicate e sviluppate per lei, con un generoso 190/50 al posteriore. Per il resto si conferma la base della “donatrice” GSX-S 1000 F, con il medesimo peso di 215 kg, dischi da 310 mm morsi da pinze radiali Brembo a 4 pistoncini, ma soprattutto il 4 in linea che deriva dal mille della GSX-R 1000 K5. Addolcito e riempito ai bassi è capace di 150 cv a 10 mila giri e 108 Nm a 9.500.
Affilata come una spada lo è nel look, mentre la Katana alla guida è un bella sorpresa, mai estrema, si fa amare un po’ da tutti. Le poche modifiche rispetto al modello da cui deriva la migliorano non poco e diventa una moto polivalente. Noi, un po’ come tutti, l’abbiamo provata con una scarpa tecnica, jeans e una giacca in pelle in stile vintage, ma lei accetta bene anche una guida ed uno stile più “racing”. Ricordiamo che il suo cuore in origine era proprio di una supersportiva e, quando il contagiri indica un valore da 6-7 mila giri in su (fino ad oltre i 10 mila a cui eroga la potenza massima), il “4 in linea” ce lo ricorda con una voce ed una erogazione che lasciano pochi dubbi. Dopo averla guidata un po’ ovunque, dalla città all’autostrada, passando per piacevoli e tortuosi percorsi extraurbani, la abbiamo apprezzata proprio per il suo sapersi adattare perfettamente ad ogni contesto, restando sempre all’altezza, ma anche comoda e senza mai imporre troppi sacrifici. Il motore ha un allungo da “millona”, ma anche bassi ed una schiena “importanti” che rendono piacevole la Katana sia nella guida più dinamica che in una “passeggiata” in relax. Il suo propulsore sa infatti essere mansueto o cattivo, in base a come trattate la manetta del gas.
Disponibile grigia o nera, la Suzuki Katana costa 13.690 euro. Per chi volesse qualcosa in più, da pochi giorni è disponibile la versione JINDACHI, che per 600 euro in più offre accessori inclusi nel prezzo per un valore complessivo superiore a 900. Mette sul pitto infatti lo scarico Akrapovic in titanio, una sella con finitura bi-colore, il cupolino maggiorato, protezione serbatoio carbon look, oltre che set di adesivi specifici per carene e ruote. Un po’ come la sua antenata, anche se più in piccolo, crea un nuovo genere. Siamo sicuri che presto sarà affiancata da modelli di altri brand, perché la formula è decisamente accattivante. Difetti? Un serbatoio che non offre un’autonomia delle migliori e una elettronica che si ferma a ciò che oggi è indispensabile, ma forse è giusto così per lei.
Casco: Shark Evo-One 2
Giacca: Segura Stripe
Guanti: Alpinestars
Jeans: Spidi J-Tracker
Scarpe: Alpinestars Jam Drystar