Dopo Assen, Monza… come dire che la Superbike passa dall’università alla cattedrale! Perché se il circuito olandese è chiamato l’università, quello di Monza è il tempio della velocità. Così in attesa di vedere scendere in pista i piloti siamo andati al Red Point Café di Rozzano dove in collaborazione con Yamaha è stato organizzato un incontro con Marco Melandri.
Rilassato, determinato e assolutamente consapevole delle proprie potenzialità ha risposto a tante domande, tranne quella su Max Biaggi! D’altronde i due hanno continuato a punzecchiarsi a distanza dopo l’incontro ravvicinato di due gare fa e il fatto che il romano con due secondi posti ad Assen si sia riportato dietro Carlos Checa nella classifica mondiale rendo lo “scontro” ancora più interessante.
In ogni caso Melandri a Monza vuole cercare di vincere, anche perché qui la R1 è sempre andata bene e vista la vicinanza con il quartier generale di Yamaha Italia rappresenta di fatto la gara di “casa”.
Ma veniamo a Marco e alle sue risposte, sempre molto dirette, con un’ampia carrellata sui suoi ex colleghi della MotoGP. Parole di elogio per Valentino Rossi e per la sua capacità di mettere a punto la moto, tanto da aver trasformato la M1 nella moto da battere, mentre della sua esperienza in Ducati ricorda la difficoltà di condurre una moto diametralmente opposta al suo stile, cosa che invece riusciva a Casey Stoner anche se il ravennate lo definisce privo di qualunque competenza tecnica. Sì, perché oggi per vincere non basta l’istinto: ci vuole preparazione atletica e, soprattutto, testa.
In goni caso si capisce che il passaggio in superbike per “Macho” non è stato un ripiego, quanto la possibilità di dimostrare a sé e agli altri che gli scarsi risultati raccolti nelle ultime stagioni in MotoGP non è da imputare (solo) a lui. Nel motociclismo moderno ciò che vince è il pacchetto “pilota + moto”, dove in MotoGP il secondo è un fattore molto più determinante che in Sbk. All’eterna diatriba sui piloti delle due categorie la risposta di Marco è estremamente semplice e intelligente: i vincenti della MotoGP sono approdati in Sbk su moto ufficiali e competitive, mentre i piloti che hanno vinto in Sbk di solito approdavano in MotoGP presso scuderie minori. L’esempio di Ben Spies è abbastanza evidente: vincente in Sbk nel team Tech3 non ha raccolto i risultati cui si sta avvicinando ora che è nel team ufficiale Yamaha.
E’ un Marco Melandri che non si vedeva da un po’ di tempo: tranquillo, simpatico, deciso. Così risponde apertamente che la pista che preferisce è quella su cui vince e la moto migliore è quella che va più veloce. Perché essere veloci si capisce che è l’unica cosa che conta. Per questo “rimpiange” la 250, che secondo lui era la migliore delle scuole possibili, così come gli piacerebbe che venisse eliminata o almeno drasticamente ridotta la presenza dell’elettronica. Finché l’ausilio tecnico consente di ridurre i rischi e viene in aiuto al pilota in situazioni limite, magari evitandogli una caduta, ben venga, ma ormai tra la manopola dell’acceleratore e il motore non c’è più una rispondenza diretta (e non solo in senso concreto) e l’elettronica ha fatto nascere un nuovo modo di guidare e questo a Marco non piace. Anzi, da questo punto di vista la Superbike è anche meglio della MotoGP e anche il fattore moto è meno decisivo in quanto i valori sono più simili. Rimpianti per aver cambiato categoria? Decisamente no, anche perché per un pilota non c’è medicina migliore della vittoria e restare a far numero in MotoGP non è certo l’obiettivo di un campione del mondo…
Quindi tutti a Monza il prossimo 8 e 9 maggio, sicuri che ci aspetta una grande gara!