Fabbrica Italia

Fabbrica Italia. È così che viene battezza, nella conferenza maratona di otto ore del Lingotto, l’ultima opportunità che si deve saper cogliere.
Per FIAT inizia una nuova era. La presidenza ritorna dalla parte della famiglia Agnelli con John Elkann dopo sei anni di traghettamento condotto da Monezemolo, poi nei prossimi sei mesi lo spin-off del settore auto ed entro il 2014 la produzione complessiva di Fiat-Chrysler salirà a 6 milioni di veicoli con una proposta di 51 nuovi modelli, di cui 34 novità e 17 restyling.
Se da una parte il binomio FIAT-Chrysler porterà l’azienda a parlare un po’ di più in inglese, dall’altra Sergio Marchionne ha esplicitamente espresso l’impegno di rafforzare la presenza in Italia di FIAT, alla faccia di sindacati e detrattori.
Questo impegno prende il nome di Fabbrica Italia per evidenziare il suo legame con le origini e l’intenzione di mantenere i siti produttivi della Penisola con un chiaro obiettivo: portare la produzione del Paese a 1,4 milioni di vetture, più del doppio quindi delle 650 mila prodotte nel 2009, con  l’intento di esportarne 1 milione, di cui 300 mila verso gli Stati Uniti.
Dopo le polemiche sugli impianti produttivi, questa volta pare che il Lingotto voglia fare un salto di qualità che consentirà anche di aumentare posti di lavoro in Italia.
Ma in che modo poter attuare il piano Fabbrica Italia?
Innanzi tutto si dovrà rendere più flessibili ed efficienti gli impianti, che oggi registrano una media del 40% della loro capacità, per dare una pronta risposta alle esigenze di un mercato che cambia spesso e in fretta. Per questo bisognerà contare sulla piena partecipazione dei lavoratori e delle istituzioni e si dovrà parlare coi sindacati per rinegoziare i contratti, adesso inadeguati. Ciò non significa tagliare personale, anzi, ci sarà un aumento dell’organico a cui non saranno chiesti sacrifici ma impegno.
In quest’ottica, Pomigliano d’Arco sarà il banco di prova: l’investimento di 700 milioni di euro è subordinato all’accordo coi sindacati altrimenti FIAT sarà disposta a non investire. L’impiego è necessario per consentire, da metà del 2011, il passaggio della produzione dell’Alfa Romeo alla nuova Panda per la quale sono previste 270 mila unità all’anno.
I dipendenti, durante il periodo di ristrutturazione, parteciperanno a giornate formative e si riorganizzeranno i turni settimanali portandoli a 18. È prevista una riduzione del personale di 500 persone, iniziando prima con la mobilità a breve e poi con il pre-pensionamento.
Se per Termini Imerese è confermata la chiusura dal 2011, Mirafiori sarà molto Alfa Romeo, con una produzione di circa 200 mila unità all’anno potenziando quindi l’impianto. Qui  verranno costruite la Giulia e la Giulia Station Wagon, che saranno vendute anche negl Nord America e probabilmente una berlina Lancia sull’esempio della Chrysler Sebring.
È serio e amareggiato Marchionne quando parla dei rapporti coi sindacati in Italia, perché troppo spesso ha sentito malignità che lo hanno disgustato. Invita le associazioni dei lavoratori ad accordarsi sul futuro degli stabilimenti italiani altrimenti si dovrà passare al piano B che, dice l’A.D., non è bello. Non piacerà a nessuno portare la baracca altrove, ma è questo che fa intendere nel caso in cui i sindacati non dovessero trovare l’armonia richiesta. I vertici del Lingotto mirano a giungere a quell’accordo che è stato siglato con Chrysler, consentendo di sorpassare gli attriti iniziali coi sindacati di Chrysler, e di festeggiare il ritorno al primo trimestre di utile dopo soli nove mesi.

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