L’auto a guida autonoma in Italia è un sogno lontano

L’automobile che si guida da sola è più che una suggestione. I grandi costruttori mondiali investono miliardi in ricerca e stringono alleanze per essere pronti affrontare la sfida che si combatterà sul mercato prossimo venturo.

Molto è stato fatto e già circolano decine di modelli che sfruttano sistemi di guida semi-autonoma, che rendono la guida meno faticosa e soprattutto più sicura.

Anche vetture di fascia economica medio-bassa montano oggi dispositivi che riallineano le ruote se si supera la mezzeria, mantengono la velocità di crociera e frenano per evitare un tamponamento, adeguano la velocità a quella del veicolo che ci precede, rallentano l’andatura in discesa, abbassano le luci degli abbaglianti se si incrocia un altro veicolo, parcheggiano da sole, ecc. Su veicoli più costosi ci sono già sistemi che, all’interno delle corsie autostradali, seguono da soli le traiettorie e, sulle highways di alcuni Stati americani, circolano già autotreni con guida autonoma (che però possono sorpassare solo su input del guidatore).

Ma sedersi al volante di un mezzo che farà davvero tutto da solo in sicurezza richiederà ancora molti anni, probabilmente decenni.

Perché il problema non sono i sistemi di guida autonoma, ma le infrastrutture: i sensori delle vetture (radar, telecamere, accelerometri) devono avere punti di riferimento per poter gestire le reazioni del veicolo. La segnaletica orizzontale e verticale deve essere presente e ben visibile, l’asfalto non deve avere buche troppo grandi, le strade devono avere larghezze adeguate, i semafori devono essere sempre funzionanti, ecc.

Sicuramente alcuni problemi saranno risolti con l’impiego di radar telemetrici e visori agli infrarossi, in grado di scorgere ostacoli anche al buio (su alcune berline tedesche sensori all’infrarosso consentono già oggi di individuare un pedone anche di notte).

Ma, soprattutto in un Paese come l’Italia, le variabili e le deficienze sono ancora troppe: alcuni mesi fa, provando una berlina tedesca dotata di sistemi di guida autonoma lungo un’autostrada del Lazio siamo incorsi in un paio di decelerazioni violentissime perché, con la velocità di crociera impostata a 130 km/h, la vettura ha “letto” un cartello col limite di 40 km/h, probabilmente dimenticato da qualche cantiere ormai disattivato. Certo, la frenata è eliminabile semplicemente riaccelerando, ma è evidente che questo richiede la vigilanza del guidatore che, contrariamente a quanto molti amano immaginare, non può certo mettersi a leggere il giornale. Per fortuna, comunque, alle nostre spalle non arrivava un Tir. In un paio di occasioni, poi, le telecamere hanno letto il segnale col limite di 80 km/h sulla parte posteriore di autocarri ed in un’altra il segnale di “40 sulle rampe” posto troppo vicino alla carreggiata principale.

È evidente che adeguare tutte le strade alla bisogna non sarà operazione facile e breve; figuriamoci poi in Italia, dove ci sono migliaia di km di stradine di campagna e montagna quasi mono corsia senza alcuna segnaletica orizzontale né verticale.

L’auto più che a guida autonoma sarà nei prossimi anni sempre più a guida semi-autonoma, in cui l’intervento del conducente sia opzionale ma sempre possibile ed, anzi, in molte occasioni, auspicabile.

Per la tempistica della questione basta riflettere sull’auto elettrica: molti si affannano ad affermare che il futuro elettrico è vicino e qualche Casa, come Volvo, annuncia che presto non produrrà più auto con motore termico (ma trascura il fatto che le vetture ibride hanno anche il motore termico). Ma in Italia le stazioni di ricarica rapida di fatto non esistono ed i prezzi delle elettriche sono ancora stratosferici (in alcuni Paesi, piccoli, del Nord Europa le vetture più vendute sono ibride plug in ed elettriche, ma con incentivi notevoli e strutture efficienti). Ci vorranno decenni.

Del resto, quando ero un ragazzo, negli Anni Sessanta, si diceva “nel Duemila le auto voleranno”.

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