Peugeot 407 2.2.i: test drive

Sguardi altrui La 407 berlina invita ad abbassare la linea di guida, così mandiamo a fondo il sedile (comandi elettrici), un bel po’ di millimetri sotto la norma, e regoliamo il volante il più verticale possibile: ci è piaciuto provarla così, altro che paciosa berlina. Sembra sorridere la 407, a guardarla di fronte, invece non scherza per niente quando si tratta di sgattaiolare via in mezzo al traffico, e lo fa anche facendoci divertire, con quelle sei marce che sembrano fatte apposta per cambiate continue (ma la trasmissione permette anche di passare ai rapporti alti a velocità ridicole e spostarsi con un filo di gas quando non è la fretta a guidarci). La sensazione di attrarre continuamente gli sguardi altrui, unita alla certezza di trovarci a bordo di qualcosa di molto solido, potente e acquattato sull’asfalto come un felino pronto a superare d’un balzo gli ostacoli, non è comune su una francese: ci aspettiamo tutto questo quando mettiamo in moto una tedesca o una sportiva italiana. Invece la 407 ha compiuto il miracolo. Estetica e sostanza, ci viene da dire, mentre la silouette della berlina blu si specchia in una vetrina, e quando poco dopo impostiamo una serie di curve con piede più che pesante. Le Dunlop 215 barra 55 e le sospensioni rigide il giusto (con sofisticati gruppi molle/ammortizzatori inclinati e pressurizzati a gas), consentono traiettorie da sportiva, disegnate, quasi senza sbavature e con sottosterzo praticamente inesistente. I 25.820 euro per questa duemiladue 16 valvole da 160 cavalli (versione Executive) sembrano ben spesi anche a dare una controllata all’abitacolo nei particolari, con le finiture effetto legno, il portabicchieri centrale che si solleva silenzioso ad una leggera pressione, il bracciolo che si estende per dare appoggio al gomito, i tessuti, gli assemblaggi. Spiccano a questo punto piccoli nei, come il display che occhieggia tra la strumentazione circolare del cruscotto, i cui dati diventano invisibili di giorno a fari accesi, quando il sole ci batte sopra.
Voce sintetica Ma basterebbe pensare a cosa costerebbe un’auto teutonica dello stesso segmento per mandar giù qualche ingenuità progettuale. In cui rientra (già rilevato sulle francesi) il pulsante sulla leva sinistra (la stessa che comanda le luci di direzione) che mette in funzione i comandi vocali: è un attimo mettere la freccia a destra e premere per errore il magico tasto. A quel punto dobbiamo convivere per qualche secondo con una voce sintetica che ci esorta –“ prego… prego… prego…”- ad impartire un ordine, ad esempio quello per accendere la radio. Ma queste, come dire, sono scaramucce da gestire (e superare una volta conosciute) dentro casa, insomma, tra noi e la nostra auto: da fuori nessuno si accorgerà di nulla, distratto come sarà da Miss Sorriso. Che teme solo una concorrente, guarda caso, della sua stessa famiglia: la versione station della 407: bellissima come lei davanti, ma ancora di più dietro.

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