La Mehari: un’auto rivoluzionaria con materiali innovativi

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Quando nel 1947 Roland de la Poype, l’inventore della Méhari, decise di lanciarsi nell’industria dei nuovi materiali con la sua azienda, la SEAB, parlare di innovazione nel campo delle materie prime portava inevitabilmente ai nuovi polimeri: le plastiche.
A cominciare dalla metà dell’800, quando in Svizzera fu ideato il rayon, le materie “artificiali” conquistarono spazio, divenendo la base per la progettazione di oggetti nuovi, la cui forma poteva essere perfettamente plasmata secondo esigenze di estetica e funzionalità.
Il ‘900 vide un autentico boom dei nuovi materiali, a partire dalla bachelite che, grazie alle sue proprietà isolanti, rimpiazzò ceramica e legno nella costruzione di componenti elettrici: da allora, radio, isolatori e semplici manopole divennero belle e perfettamente ergonomiche oltre che meno costose.
Nel tentativo di migliorare il polistirolo, nel secondo dopoguerra fu messa a punto una nuova molecola nota come ABS, sigla per Acrilonitrile Butadiene Stirene, che univa alla rigidità del polistirolo la capacità di assorbire urti anche consistenti senza rompersi.
L’ABS, grazie alla sua bassa temperatura di fusione, di poco superiore ai 100 gradi, è facilmente plasmabile e Citroën l’aveva già adottato per la costruzione, tra l’altro, dei tetti dei modelli ID e DS, rimpiazzando la vetroresina, più difficile da trattare e molto più fragile.
Un’altra importante caratteristica dell’ABS è la facilità con cui può essere colorato e l’aspetto lucido e brillante che tutti ricordiamo, ad esempio, nei celebri mattoncini della LEGO®.
La carrozzeria della Méhari nasceva dunque così, dall’intuizione di un industriale che immaginò un telaio Citroën, con le sue eccezionali doti stradali, su cui montare dei tubi di sostegno (leggeri) ed un rivestimento esterno, la carrozzeria, fatto di pannelli facilmente rimpiazzabili, colorati nella massa in sede di fusione con tinte brillanti e resistenti, difficile da rompere (assorbiva urti notevoli) e facile da riparare.
Un’auto buona per tutto, sia ovviamente per andare in spiaggia en plein air ma anche per viaggiare in città grazie a una coperura in tela, che la faceva sembrare una tenda da campeggio con le ruote. Grazie all’ABS, la lumaca di latta, come veniva chiamata la 2CV, era diventata un cammello di plastica! Il nome Méhari infatti è mutuato da quello di una razza di cammelli da corsa e da combattimento, particolarmente robusti e resistenti.

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