Associazione Siteb, Strade Italiane e Bitumi, ha effettuato l’analisi sullo stato di avanzamento dei lavori sulla nostra rete. Lavori che, come tutti gli altri settori, hanno risentito dei diversi stop causa pandemia da Covid-19, ma alla fine il saldo resta positivo grazie soprattutto agli interventi effettuate dall’Anas e dalle concessionarie autostradali.
Il comunicato emesso dalla Associazione Siteb parla chiaro: “La pandemia da Covid-19 ha rallentato la ripresa dei lavori stradali iniziata 2 anni fa nel nostro Paese, ma si stima che il 2020 chiuderà con un sostanziale pareggio rispetto al 2019, con 30 milioni di tonnellate di asfalto prodotto; quantità non sufficiente a rimettere in completa sicurezza la nostra rete. Grazie ai fondi in arrivo con il Piano Next Generation EU, l’Italia ha davanti a sé un’occasione unica per avviare un piano straordinario di manutenzione green del proprio patrimonio stradale“. Nei primi 10 mesi del 2020, il consumo di bitume (materiale di derivazione petrolifera e principale indicatore dei lavori stradali) è stato inferiore del 2,4 %, rispetto allo scorso anno. Un dato confortante se si guarda al trend degli altri prodotti petroliferi e senza eventi particolarmente gravi si prevede che a fine anno la produzione di asfalto toccherà nuovamente quota di 30 milioni di tonnellate, stesso dato del 2019.
Un dato, questo, che pur certificando lo stop alla ripresa avviata nel 2018, dopo 10 anni ininterrotti di crollo degli investimenti nel settore stradale, lascia ben sperare anche se non consente di rimettere in totale sicurezza la nostra rete stradale. Negli ultimi dieci anni il mancato investimento di circa 10 miliardi di euro in attività di manutenzione dei manti d’asfalto ha compromesso il patrimonio stradale nazionale, provocandone il graduale deterioramento; in alcuni casi il degrado è entrato negli strati profondi delle pavimentazioni e ora sono necessari interventi di rifacimento strutturale molto costosi. Per riparare a questi errori, oggi SITEB stima che occorrerebbero 22 miliardi di euro di investimenti che il Next Generation EU e gli altri strumenti finanziari resi disponibili dall’Europa, potrebbero contribuire a coprire.