Aprilia Shiver 750 – Long Test Ride

Aprilia Shiver 750 – Long Test Ride. In Italia, si sa, il segmento naked va e va alla grande. E, se la naked è italiana, il cerchio si chiude. Si può tratteggiare così il disegno di Aprilia che propone una scarenata bicilindrica facile, d’impatto ma dai contenuti importanti, di quelli che lasciano il segno. Siamo andati a provarla in Francia per scoprire una moto decisamente rinnovata; non tanto nell’estetica o nella dotazione, quanto piuttosto – cosa ben più importante – nell’elettronica e, più precisamente, nel ride by wire, il sistema elettronico di gestione dell’acceleratore. Un roseo 2008 La prima versione – presentata lo scorso anno – non ha convinto completamente a causa di un ritardo nella risposta dell’apri-chiudi. Come va ora? Beh, certamente non si sente la mancanza del tipico cavo che regola l’apertura delle farfalle e, in aggiunta, una bella sorpresa, la possibilità di scegliere fra 3 mappature. Per il resto, la Shiver già lo conoscevamo: una moto ben fatta, curata nei dettagli e nell’assemblaggio con una cura dei materiali che – una volta tolti i guanti – si percepisce anche al tatto. Belle le colorazioni scelte che esaltano le forme spigolose e arrabbiate della Shiver, pratici i comandi – forse un po’ troppo “in traiettoria” il pulsante dell’abbagliante che rischia di essere acceso inavvertitamente -, comoda la seduta e la posizione in sella che fa “sentire” molto l’avantreno. Da segnalare che nella dotazione di serie è previsto anche il computer di bordo che indica la temperatura esterna, il livello dell’olio, consumi istantanei e medi, velocità media e punta massima raggiunta. Oltre alle funzioni standard, c’è il cronometro e si possono impostare diverse funzioni tramite un menu pratico e intuitivo che, ovviamente, si può azionare solo a moto ferma. Unica pecca il cavalletto che non è per nulla semplice da azionare.

Il ride by wire Gli ingegneri Aprilia hanno scelto la Shiver come piattaforma di sviluppo per altri modelli che seguiranno – come, ad esempio, la Dorsoduro. L’innovazione più importante è stata l’adozione del ride by wire, un acceleratore elettronico che sostituisce il cavo standard. Questo sistema è il primo ride by wire completo mai adottato su una moto. Alla rotazione della manopola corrisponde un’azione su un potenziometro che traduce in segnale elettrico il movimento impresso dal pilota; il sistema controlla i giri del motore e la posizione della farfalla integrando con i dati di depressione interna e la temperatura esterna e calcola il volume d’aria regolando di conseguenza la farfalla in modo ottimale. Significa né benzina in più né benzina in meno. Le potenzialità future sono molteplici: ad esempio per la gestione del controllo di trazione che oggi controlla il fueling e l’accensione mentre potrebbe agire direttamente sulla farfalla. Oppure realizzare un cruise control via software. Nella Shiver il ride by wire si traduce, oltre nella gestione dell’erogazione, nella possibilità di scegliere 3 mappature diverse. La versione “touring” permette una guida morbida senza gli strappi tipici del bicilindrico; la posizione “rain” taglia la curva di coppia consentendo una maggiore sicurezza sul bagnato o altre situazioni di scarsa aderenza; la mappatura “sport”, invece, libera le potenzialità del motore che così può erogare tutti i suoi cavalli e raggiungere la coppia massima. Ma non solo: tramite questo sistema si gestisce il limitatore che, peraltro, non è localizzabile in un solo punto della scala ma comincia ad agire 500 giri prima dell’intervento addolcendo l’erogazione prima di bloccarla, seppur sempre dolcemente.

Una mangiatrice di curve All’accensione, la prima cosa che si nota è il rombo del motore, grosso e particolarmente secco, quasi metallico e, soprattutto, non disturbato da rumori meccanici. In inserimento, la prima marcia si fa sentire, la frizione stacca in modo graduale nello spazio di pochi centimetri, la trasmissione fa il suo dovere e la Shiver scatta in avanti senza indugi. E’ nelle curve che le piace girare, è maneggevole e si lascia condurre senza mai tradire grazie anche al suo peso (189 kg) e alla lunghezza contenuta. Una marcia dopo l’altra – con anche nel display l’indicatore di rapporto inserito – si dimostra facile ma efficace. Un bicilindrico particolare che sembra preferire i regimi più alti ma, anche se scalpitando, procede con forza anche ai bassi. 95 cavalli non sono pochi e si sentono tutti specialmente nei percorsi misti che sono l’habitat migliore per questa naked media che passa da una curva all’altra con la garanzia di un telaio che consente di strapazzarla nei cambi di direzione e nelle decelerazioni più brusche. Su percorsi più veloci, continua a spingere dando una sensazione di allungo non comune su bicilindrici di media cilindrata fino all’intervento del limitatore a 9.500 giri. Peraltro, la protezione aerodinamica non è poi così scarsa come ci si aspetta da una scarenata così come sorprende la stabilità anche ad andatura sostenuta.

Le pinze radiali di Shiver 750, offrono una potenza frenante di ottimo livello unita alla progressività necessaria ad affrontare, nella massima sicurezza, tutte le situazioni di aderenza riscontrabili su strada. I dischi da 320 mm montati all’anteriore sono gli stessi adottati sulle ammiraglie sportive RSV 1000 R e Tuono 1000 R. Al posteriore un disco da 245 mm, con pinza a singolo pistoncino, offre il supporto adeguato all’impianto anteriore. Sia l’impianto anteriore, sia quello posteriore utilizzano tubazioni in treccia metallica di derivazione aeronautica, che eliminano il fastidioso effetto polmone delle tubazioni convenzionali e assicurano massima precisione della frenata. Convinti! In conclusione, abbiamo avuto il piacere di provare un mezzo di qualità tutta italiana in un segmento difficile dominato dalle case giapponesi, versatile, tecnologicamente all’avanguardia e molto curato anche nei dettagli. Il tutto per un prezzo, seppur sopra la media, assolutamente competitivo.

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