Bimota DB6 Delirio – Test Ride

Bimota DB6 Delirio…di onnipotenza. Proprio questa è la sensazione che si prova alla guida della Bimota Delirio. La possibilità di fare evoluzioni incredibili in sella è ampiamente concessa dalla moto, che presta il fianco ad una guida ‘ignorante’ e molto gustosa. Prima di montare in sella diamo uno sguardo all’estetica e soprattutto alla componentistica, da sempre punto di vanto della casa riminese, grazie alle accurate lavorazioni alle macchine utensili. Il primo sguardo cade inevitabilmente sullo scheletro della moto, ovvero su telaio e forcellone, pezzi di assoluto pregio ingegneristico, lavorati con cura certosina da un punto di vista estetico, eppure terribilmente efficaci una volta alla guida. Le sovrastrutture sono ridotte all’osso, sebbene quelle poche presenti abbiano una forma molto personale risultando verniciate con cura e gusto. Andando poi a cercare il particolare, lo sguardo rimane assolutamente incollato sulle pedane, vero esempio di gioielleria meccanica, sulle piastre del telaio lavorate di fino alla fresa e sulle piastre di sterzo, costruite dal pieno ed inclinate rispetto all’orizzontale, soluzione di difficile realizzazione tecnica, condivisa nel panorama motociclistico solo dalla Harley Davidson V-Rod. Una volta in sella si apprezza il ponte di comando, compatto e con la strumentazione discretamente visibile, con qualche riserva solo sul tachimetro, che per essere consultato richiede che si sposti lo sguardo verso il basso. Comandi elettrici a portata di mano e bella presa sulle manopole e leve di comando freno e frizione entrambe regolabili nella distanza dal manubrio; spettacolari poi i riser di attacco del manubrio, innovativi nella forma come nella funzionalità.

Prova su strada Mettiamo in moto. Il motore risponde pronto al comando dello starter, prendendo vita con un suono molto civile eppure personale, annunciando fin dall’inizio la sua voglia di galoppare tra una curva e l’altra. Prendendo velocità la prima cosa che risalta è la reattività dell’avantreno, quasi etereo nel suo contato con l’asfalto; la moto si brandeggia tra le gambe con facilità estrema e una sensazione di leggerezza imbarazzante. Il motore, nell’infernale successione di curvea raggio stretto e medio, in rapida successione tra loro, con brevi allunghi e poderose staccate dove mettere alla prova il potente impianto misto Brembo-Braking, muggisce cattivo dalla cassa filtro, sovrastando con un bellissimo e pieno rumore d’aspirazione il sound dei due terminali posti sotto la sella, proprio a proposito di questi ultimi, vi è da dire che non scaldano assolutamente le parti nobili del pilota, mentre qualche riserva l’avremmo per il posteriore dell’eventuale passeggero, già sacrificato di suo su uno strapuntino di dimensioni piuttosto ridotte, sebbene molto curato e rifinito con cura da prodotto giapponese. Le sospensioni rispondono sempre adeguatamente, essendo particolarmente a punto soprattutto al posteriore, dotato di ammortizzatore costruito e messo a punto dalla Extreme Tech, che offre un bel sostegno, consentendo un buon galleggiamento che aiuta a conservare una buona trazione anche in presenza di asperità sul fondo stradale. Ottima anche la forcella, una splendida Marzocchi dai monumentali steli di 50 mm di diametro, che ciò nonostante ‘parte’ bene alla prima sollecitazione, mantenendosi comunque sostanziosa fino alla staccata più assassina. Come dicevamo la moto è improntata ad un’ estrema manegevolezza, con quote ciclistiche che esaltano quest’aspetto, ed una posizione di guida indicata per tenere sotto controllo il mezzo anche nelle evoluzioni più ‘involontarie’. L’unica pecca riscontrata alla guida è dovuta alla lunghezza veramente ridotta della sella pilota, ciò ha costretto il tester (alto 1,83cm) a sfruttarla fino all’ultimo mm, poggiando sullo spigolo estremo, con ovvi problemi alla zona una volta sceso di sella. Questo è il prezzo da pagare per avere un’estetica così coinvolgente ed una moto globalmente davvero compatta. Tecnicamente nulla di nuovo, la Delirio sfrutta il ben noto motore Ducati 1000 dual spark, ulteriormente affinato dall’equipe dell’ing. Alberto Strada (direttore tecnico Bimota) lavorando sullo scarico e soprattutto sull’elettronica di controllo, utilizzando una sonda lambda sullo scarico del cilindro orizzontale, al fine di ottenere un circuito in closed-loop del controllo delle condizioni di alimentazione del motore; grazie a questo espediente ed altri accorgimenti, la moto oltre ad avere un’erogazione piena e pastosa fin dai 2500 rpm, risulta omologata Euro3, punto di assoluto vanto per una casa piccola come la Bimota, impostata su una produzione artigianale e con spiccate tendenze sportive. In ultimo un commento sul prezzo, 19.100€, elevato in assoluto ma giustificato dalla cura costruttiva con cui la moto è realizzata e dall’esclusività del prodotto. E poi, volete mettere quanto dà gusto il sapere che la propria moto è stata assemblata a mano nella magica terra dei mùtor…

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