Ducati GT1000 Classic – Test Ride. Ci fu un tempo in cui i motociclisti erano visti come entità quasi mitologiche: persone che affrontavano il rigore invernale foderandosi lo stomaco con i fogli di giornale, che si lanciavano nelle curve su dei mezzi che a voler essere generosi potevano essere definiti trabiccoli, in cui i freni a disco erano sconosciuti alle moto di serie, la ciclistica era un termine ignoto ai più e gli ospedali, quando andava bene, rigurgitavano centauri ingessati.
Per fortuna quei tempi possiamo dirli passati, soprattutto per quanto riguarda la sicurezza in strada sono stati fatti enormi passi in avanti e la tecnologia ha permesso di costruire moto sempre più sicure, anche se i limiti si sono parimenti innalzati.
Allora come oggi un marchio si distingue sulla massa, un marchio italiano che non è ignoto a nessuno e che ha fatto dell’innovazione un’arte, rendendo l’Emilia sinonimo di “Motolandia”… ovviamente quel marchio è Ducati.
Non poteva quindi che essere lo storico marchio italiano a realizzare il sogno di tutti quelli che cavalcarono una moto prima dell’innovazione tecnologica, ossia un mezzo dalle linee eleganti e raffinate come si usava allora, ma con le soluzioni tecniche di oggi. GT1000 è quindi il nome da ricordare se è questo che si cerca: i cerchi a razze, il serbatoio ampio e piatto, un’ampia sella e i doppi ammortizzatori posteriori ci riportano immediatamente all’epoca d’oro del motociclismo, ma l’occhio non può non notare subito tutta la modernità del mezzo.
La grande forcella Marzocchi a steli rovesciati da 43 mm testimonia appunto l’attualità e qualità tecnica di questo prodotto, così come i dischi dei freni, all’anteriore semiflottanti da 320mm e da 245 mm quello posteriore; ma il vero salto “indietro nel futuro” lo si può percepire a pieno solo facendoci un bel giro per le strade che consacrarono, appunto, i miti dei tempi che furono.
Prova su strada
Sulla facciata del palazzo Ducati una gigantografia di Casey Stoner ricorda che si è a casa di una delle case motociclistiche più importanti e all’avanguardia del mondo, una fiammante 1198 entra nel complesso con il suo tipicissimo suono, ma i raggi del sole, in questo momento, sembrano tutti guardare quello che a prima vista si potrebbe pensare un pezzo da museo. I cerchi a raggi però non mi ingannano, so bene con cosa mi troverò a che fare per le prossime ore. Disbrigo quindi le pratiche necessarie e accendo la GT1000 che mi è stata messa a disposizione.
Non è molto alta, per me anzi addirittura un po’ bassa, ma con una sella di una comodità incredibile, comodità conferita anche dalle pedane abbastanza avanzate.
Saluto tutti e mi avvio per il percorso designato, su per i colli bolognesi. Nel districarmi nel traffico iniziale sembra di avere una bicicletta: agile, comoda e leggera la GT1000 passa tra le macchine con estrema facilità e anzi ai bassi regimi dimostra subito un carattere e una grinta che non mi sarei aspettato.
Le macchine e i centri abitati si diradano e la strada comincia a serpeggiare per le verdi vallate emiliane, sento l’eco dei centauri che furono e non resistendo cerco di guidarla veramente: sedere indietro, busto schiacciato sul serbatoio e via col gas.
Le marce si susseguono veloci e la GT1000 arriva abbastanza facilmente a delle velocità considerevoli, anche se il limitatore entra già a 8000 giri: risulta piena e aggressiva ai bassi regimi e tende a “calmarsi” man mano che si sale di velocità. Nelle curve arriva il vero stupore, per quanto, vista la dotazione tecnica, non ci sarebbe poi da stupirsi granché: si mette in piega e percorre la curva senza esitazioni, non vibra, non saltella e non sbacchetta, conferendo una piacevole sensazione di controllo e sicurezza in ogni situazione.
Riduco la velocità e comincio a godermi la GT1000 nell’uso a lei più congeniale: mi godo il panorama, se intravedo in lontananza una bella curva scalo una marcia e l’aggredisco, per poi tornare ad una velocità da crociera, come se avessi dietro a me una ragazza da conquistare, con cui fermarmi a fare un picnic, “accessorio” purtroppo non fornitomi dalla Ducati.
Eh si, perché questa moto va considerata come se fosse il “prequel” del monster: una moto per la città e per le scampagnate, per chi cerca fascino e stile retrò, per chi non è interessato a limare i centesimi di secondo, ma non per questo si accontenta di una moto vuota, di sola apparenza. Forse l’unico difetto riscontrato è la mancanza quasi totale di spazio sottosella, avremmo voluto giusto lo spazio per riporre un antifurto, ma il problema si potrebbe ovviare con la versione Touring, che oltre ad avere i parafanghi cromati, offre un parabrezza e un portapacchi posteriore, anch’esso molto old style.
Il prezzo non è popolarissimo, si parla infatti di minimo 10.300€, ma appunto questa moto si propone di realizzare un ambizioso sogno, di dimostrare gusto e ricercatezza e di portare con orgoglio la testimonianza della storia e del futuro del made in Italy: tutte caratteristiche solitamente non a buon mercato.