Più sicurezza in frenata Altra novità dell’anno su tutti i modelli VRSC è la presenza, opzionale, del sempre più diffuso, anche nelle 2 ruote, ABS che va così ad integrare il già potente impianto frenante sportivo di serie marchiato Brembo. Quando l’ABS si attiva, il pilota viene avvisato da lievi vibrazioni dei comandi quando le condizioni di frenata si fanno critiche. A differenza di altri sistemi di antibloccaggio impiegati nelle moto, l’ABS Harley-Davidson non interviene simultaneamente su entrambe le ruote, e consente quindi al pilota di controllare in modo indipendente il freno anteriore e quello posteriore. Tecnologia nascosta Come si sa, per la casa di Milwaukee design e stile tradizionale sono sempre al primo posto. Così su questa Night Rod la tecnologia c’è ma non si vede. Basti pensare al sistema ABS realizzato specificatamente da Brembo che non utilizza la classica ruota fonica ma sfrutta un sensore affogato nel mozzo e quindi nascosto alla vista. Oppure il computer di bordo, la cui presenza è assolutamente inaspettata ad una prima occhiata della strumentazione. O ancora, l’accensione senza bisogno della chiave ma tramite un transponder. Su strada Con la forza, con la tecnica, tanto impegno, tentativi su tentativi ma non c’è niente da fare: guidando la Night Rod Special lo si capisce subito, non è il motociclista che comanda, è quel ruotone da 240 pollici che detta le regole e obbliga a rispettarle, senza accettare alcuna condizione. Un po’ alla volta… Prima di sfruttarla a pieno su strada è fondamentale capirla: sì perchè il mix creato da ciclistica, motore e impianto frenante è molto lontano dalla struttura tradizionale che il motociclista è abituato a conoscere. Come detto, la gomma posteriore detta legge imponendo uno stile di guida che si adatti a lei. Una presenza così importante – non solo esteticamente – tanto da mettere in crisi l’intera ciclistica che si torce quando si cerca di violare le regole imposte dal ruotone. Una presenza ingombrante che sa dimostrarsi utile quando, ad esempio, si debba frenare in emergenza: l’anteriore tende a perdere aderenza quando ci si appende ai freni quindi è sufficiente premere con decisione il pedale del freno posteriore per far sì – grazie anche al raro intervento dell’ABS – che la ruota posteriore si incolli all’asfalto fermando i quasi 300 kg per 2460 cm di lunghezza della Night Rod Special.
Saliti in sella ci si trova in un universo parallelo, non è la classica impostazione da moto, non ci assomiglia nemmeno; gambe e braccia sono proiettate in avanti quasi ad aggredire la strada, la sella è morbida e comoda, i comandi essenziali ma pratici e gli specchi danno una buona visibilità di quello che accade dietro. Avviato il motore, ad un primo approccio lascia davvero perplessi: sembra non piegare, si ha l’impressione che seduti così non si possa durare nemmeno pochi chilometri. Ma una volta compresa a fondo, il divertimento che si scopre in sella a questa “all black” è cosa rara. Delude un po’ il sound che non è il classico rombo americano ma ci si dimentica presto di tale mancanza. Avviato il motore, tirata la frizione, si innesta la prima e il cambio si dimostra docile nell’accogliere gli ingranaggi della trasmissione; via col gas! Da bravi smanettoni proviamo a vedere se la ruota davanti si alza se ben sollecitata ma ci dobbiamo accontentare di una lunga “sgommata” che lascia sull’asfalto un segno nero così largo che nessuno potrebbe pensare che viene da una moto. Poi riprende aderenza e arrivano altre sorprese: il motore “Revolution” tira con vigore fin dai primi giri e si scopre un allungo davvero inaspettato per un bicilindrico. Infiliamo la seconda, la terza, la quarta ed è ora di rallentare; un freno motore capace di rallentare la mole straordinaria di questa moto. Ci si avvicina alla prima curva e piegare viene spontaneo anche grazie all’altezza da terra praticamente dimezzata rispetto alla media delle moto. Sì ma non va giù da sola, bisogna trascinarla di peso, vincere la resistenza di quel posteriore così ingombrante e impostare la traiettoria desiderata.
Una volta messa in quella posizione, resta lì, non si scompone, mantiene la corda della curva a patto di non ruotare il gas con troppa decisione, meglio tenere la velocità d’ingresso altrimenti lo squillibrio fra anteriore e posteriore si sente, si sente eccome. Finita la curva, raddrizzata la moto, ci si avvia verso la piega successiva e la storia ricomincia. Questa volta, però, aggiungiamo un ingrediente: grattare le pedane a terra è davvero facile e una scia di scintille accompagna tutta la traiettoria. Affrontando un bel percorso tutto curve si impara ad apprezzare lo stile arrogante di questa Harley e non si scenderebba mai; peccato che quella peculiare posizione in sella e le dinamiche di guida costringano a sforzi importanti che dopo qualche ora in sella cominciano a farsi sentire sotto forma di fastidi alle braccia e alle zone lombari e cervicali della schiena. Non è un mezzo per macinare chilometri ma i più temerari ci possono provare. Attenzione, però, non in autostrada: la protezione dall’aria, infatti, è praticamente nulla, già a 120 km/h si fatica a stare appesi al manubrio e basta un’ora in queste condizioni per sentirsi davvero stanchi. Un’altra nota riguarda il passeggero che è piuttosto sacrificato: poca sella a disposizione, nessun appiglio per resistere alle accelerazioni brucianti del V-twin e una seduta decisamente insaccata. Una cronaca troppo appassionata? Forse. Ma quando una moto riesce a regalare emozioni nuove è giusto che venga celebrata a dovere.