Honda VFR 1200F – Test Ride

Honda VFR 1200 – Quando l’anno scorso, al salone dell’EICMA di Milano di fronte alla concept V4 della Honda, Carlo Sabbatini, Responsabile Relazioni Esterne della Honda, ci disse che l’avremmo presto vista realizzata, rimanemmo sinceramente interdetti. A vedere il concept, infatti, sembrava di trovarsi davanti ad una delle moto disegnate da Katsuhiro Otomo, autore di Akira, non davanti a qualcosa di realizzabile in un futuro prossimo, eppure il buon dottor Sabbatini non aveva mica parlato a sproposito, solo che non immaginavamo, allora, che quel concept sarebbe stata la nuova VFR 1200 F.

Il VFR è sempre stato il catalogo tecnologico della Honda, la moto su cui per prime sono state introdotte le rivoluzioni tecnologiche della casa dell’ala, ma questa volta il salto è stato veramente grosso, un nome con oltre vent’anni di storia usato per una moto che completamente ridisegnata.
Come sempre, partiamo dal cuore, dal centro vitale della moto a cui tutto ruota intorno: il motore.
Il V4 a 76° da 1237 cc, eroga ben 172 cavalli ed è capace di una coppia di 129 Nm ad 8.750 giri e sebbene sia di una cilindrata ben maggiore del precedente VFR, proprio per l’architettura molto curata del propulsore l’ingombro sembra essere diminuito e soprattutto il fatto che il basamento sia più grande contribuisce a spostare il baricentro verso il basso; inoltre, la sua particolare conformazione con le coppie di pistoni asimmetriche, consente di avere una “vita” molto stretta, particolare che agevola i non altissimi, consentendogli di toccare terra comodamente.

Altre grandi novità, che magari potrebbero far storcere il naso ai puristi: un cardano per la trasmissione finale e un comando del gas ride by wire. Il cardano dispone di un perno disassato che aggiunge ai vantaggi del dispositivo, quali la mancanza di obblighi di manutenzione, anche il fatto che ora le reazioni siano meno percepibili e risulti adatto ad una guida sportiva. Ovviamente, come da politica Honda che ha inserito l’ABS su tutti i suoi modelli, non poteva mancare il dispositivo C-ABS (frenata combinata con ABS) di derivazione CBF, con pinze dei freni a 6 pistoncini, all’anteriore, che mordono dischi da 320mm, mentre al posteriore troviamo una pinza a 2 pistoncini su un disco da 276 mm.

Il reparto sospensioni prevede una forcella telescopica HMAS da 43 mm con regolazione micrometrica del precarico e, al posteriore, il sistema Pro-Link con monoammortizzatore a gas HMAS regolabile in precarico e con regolazione micrometrica del ritorno. Ma la cosa che c’ha colpiti veramente di più è il fatto che la moto sia stata studiata intorno al pilota, in modo che possa disporre del più alto livello di ergonomia possibile. I blocchetti sono stati completamente ridisegnati, spostando la tradizionale posizione dei singoli elementi, in modo che siano azionabili nel modo più veloce e semplice possibile e il livello di finitura è molto elevato.

Anche l’estetica ha seguito lo stesso principio. Il fanale certamente è stato realizzato con questa forma ad X per renderlo immediatamente riconoscibile, grazie anche ai led nelle frecce come sul CBR 1000 RR, ma al di là della riconoscibilità le linee tracciate dal team internazionale di designers, guidata dallo spagnolo Teofilo Plaza, rispondono a precise motivazioni tecniche. La forma della carena infatti è tale da deviare i flussi d’aria dal conducente e l’innovativo sistema di carenature a doppio strato serve, oltre ad essere molto bella a vedersi, ad incanalare l’aria e a portarla laddove solitamente il calore del motore “cuoce” le povere gambe del pilota.
Il particolare disegno di fiancate e serbatoio consente inoltre di salire “nella” moto comodamente anche a quelli che hanno le gambe lunghe, cosicché non ci siano discriminazioni di sorta: i più bassi toccano a terra grazie alla vita stretta della moto, i più alti non si trovano sacrificati o rannicchiati. Il peso complessivo, 267 Kg, sembra essere notevole, ma visto il baricentro molto basso della moto potrebbe non essere così negativo come può sembrare a prima vista.
3 le colorazioni, dai nomi sempre un po’ improbabili, ma bellissimi a vedersi: Candy Prominence Red (Brillante Rosso Candito), Seal Silver Metallic (Argento Foca Metallizzata) e Pearl Sunbeam White (Bianco Perla Raggio-di-sole).

Per accontentare tutte le esigenze, poi, c’è una ricca gamma di accessori, che vanno dal cavalletto centrale all’estensione del parabrezza per i più alti, alle valigie, vero tocco di funzionale eleganza: il bauletto posteriore, infatti, non solo contiene un casco ed ha un nuovo disegno più rifinito e funzionale, dove anche la guarnizione è stata nascosta, ma è montato su un sostegno basculante che vi assicura che il contenuto non venga sballottato di qua e di là mentre si cammina, mentre le borse laterali, complete di borse interne in tessuto, si aprono a 180° e si fissano alla moto in un solo gesto senza bisogno di sostegni specifici; tutte e 3 le borse, infine, adottano la stessa chiave di accensione, sempre in perfetta linea con la politica Honda.
Sarà presto disponibile, da metà gennaio 2010, e il prezzo sarà di 15.500 € presso qualsiasi concessionario, grazie alla politica Honda che blocca i prezzi e coccola i clienti con 3 anni di garanzia e assistenza stradale. Ma la nuova sport tourer Honda, rispetto alla precedente versione è più sport o più tourer?

Su strada
Prima non abbiamo commesso un errore scrivendo che sulla nuova Honda VFR si entra e non si sale, non tanto perché ci siano sportelli da aprire, ma perché il pilota non rimane poggiato sulla sella, ma diventa da subito parte integrante della moto, come se appunto ci si fosse incastrato dentro. Nei movimenti da fermo, per fare manovra, nonostante si tocchi molto bene con i piedi, la moto è comunque pesante ed è bene ricordarsi di non parcheggiare di muso in discesa, se si è poi da soli a ripartire. Appena si aziona il comando d’accensione il suono che ci saluta è assolutamente particolare, basso e tranquillizzante da una parte, ma che comunque denota una certa “cattiveria” di fondo. Bando agli indugi, buttiamo dentro la prima e cominciamo a gironzolare per l’Andalusia.

L’erogazione è la prima grande sorpresa: lungo le larghe e sinuose strade spagnole perfettamente asfaltate ci basta una minima rotazione del polso destro per avere tanta spinta, il V4 già da poco sopra i 3000 giri comincia a dispensare velocità a piene mani e se si vuole si arriva molto presto alla limitazione di velocità fissata ai 250 km/h, ma la cosa bella è che l’erogazione è costante e dà il meglio di sé tra i 3500 giri e gli 8000, non solo di scatto, ma anche in ripresa, cosicché se per caso vi trovaste a “pascolare” a 130 km/h in quinta in autostrada e voleste uno scattino per superare una macchina, non dovrete scalare perché tanto il motore è sempre pronto e sempre in coppia.
Nel misto stretto forse soffrireste un po’, d’altro canto non è l’agilità il campo della VFR, anche per via del peso e della gomma da 190 al posteriore, ma in tutte le altre circostanze va in modo eccellente. Appena la si comincia a guidare bisogna prestare un minimo di attenzione ai freni, molto potenti, che vanno quindi azionati con una certa dolcezza, mentre in condizioni di emergenza, se si deve tirare una brusca frenata il sistema C-ABS entrerà in funzione evitando il bloccaggio della ruota e contenendo in spazi ridottissimi l’arresto della moto; certo a noi, per un fatto più di principio che di utilizzo, ci sarebbe piaciuta la possibilità di disinserire il dispositivo, magari con un bell’interruttore, ma in termini di sicurezza non si può veramente eccepire nulla.

L’avantreno è un’altra piacevole sorpresa: sta piantato a terra, stabile e preciso anche alle velocità elevate conferisce una piacevolissima sensazione di sicurezza e controllo sul mezzo che, grazie anche alla frizione antisaltellamento e ai parastrappi, non si scompone veramente mai, né all’anteriore né al posteriore. La cosa incredibile è quando si affronta una curva come se si stesse su una CBR: si scalano 2 marce, ci si attacca ai freni e si rilascia la frizione, ed esattamente come sulla Superbike Honda non si avverte alcun sobbalzo, bloccaggio, scodamento… niente, è capace di staccate al limite proprio come una moto sportiva. Ma le sorprese non finiscono qui: avete presente la trasmissione a cardano classica, quella per ntenderci che quando scali una marcia per una frazione di secondo si blocca e fa rumore? Bene, scordatevela, anzi scordatevi proprio di avere un cardano, dal momento che il sistema con il perno disassato consente un’elasticità fuori dal comune che appunto fa sì che ci si dimentichi completamente di non avere una tradizionale catena.
La rumorosità meccanica è ridottissima e anche la rumorosità data dall’aria, entro i 170 km/h è pressoché inesistente; certo, sopra i 170 km/h se non ci si mette in carena si crea una turbolenza tra pilota e parabrezza che crea molto rumore nel casco, ma è pur vero che a tali velocità schermarsi dietro il parabrezza è quantomeno consigliato, cosa che inevitabilmente risolve il problema.

Viaggiare sulla VFR è solamente un piacere, nonostante la massa risulta molto precisa e facile da inserire in curva e il motore sembra non finire mai, al punto che maciniamo quasi 400 chilometri senza avvertire la minima stanchezza, cosa possibile grazie alla posizione di guida appositamente studiata dai progettisti e dalla sella incredibilmente comoda. L’unica cosa che ci lascia un po’ stupiti, piccolissimo particolare, è che le frecce e in generale le lampadine della VFR sono ad incandescenza e non a led, così che mentre tutta la moto sembra essere sbarcata dall’Enterprise del capitano Kirk, questo unico piccolo particolare ci riporta un po’ con i piedi per terra, ma, ci assicurano alla Honda, probabilmente non ci vorrà molto perché anche questa caratteristica venga “futurizzata”.
In definitiva la Honda VFR 1200 F, rispetto al modello precedente, è più valida sia sul versante “sport” che su quello “touring”: guadagna precisione di guida, sicurezza e alte prestazioni e guadagna anche in semplicità, comodità, ergonomia e protezione dagli elementi, andando così a definire un nuovo segmento, non più Sport Touring, ma Road Sport, candidandosi, come da suo DNA, per essere la “trend setter” di questo nuovo modo di concepire i viaggi in moto, l’estetica potrà piacervi o meno, forse bisognerà fare l’occhio a questa linea in totale rottura col passato, ma per quanto riguarda la sua funzionalità e validità come mezzo per turismo veloce e, perché no, per qualche capatina in pista, non ci sono dubbi: è un progetto che merita minimo un 8 pieno, come voto!

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