Honda VFR750R-RC30: We all have a dream… e l’iconica superbike di casa Honda, un sogno lo è per davvero. La RC30 – questo il nome del progetto guidato dall’Ing. Matsumoto – viene concepita con il chiaro intento di vincere nelle gare per le derivate di serie, anche se la scelta avesse penalizzato in qualche modo la produzione stradale necessaria ai fini di renderla idonea al regolamento della WSB.
Nella prima metà degli anni ’80, Honda sceglie di adottare l’architettura del quattro cilindri a V per sbaragliare la concorrenza, giocando le proprie carte su una gamma di propulsori che va dai 250 ai 1000 cc; dopo l’errore di progettazione degli alberi a camme sui precedenti modelli VF750S e VF750F che obbligarono il colosso nipponico a richiamare tutti gli esemplari prodotti, era necessario risollevare le sorti dell’azienda in tempi brevissimi, scommettendo su qualcosa di innovativo. In principio fu la sorella minore, la Honda VFR400 – NC21 del 1986 (a cui seguirono la seconda e terza serie denominate NC24 ed NC30) ad attirare l’attenzione, mentre, nel 1987, fa il suo debutto la spettacolare quanto adrenalinica VFR750R – RC30 oggetto del nostro speciale vintage. E’ l’antesignana di tutte le race-replica prodotte fino ad oggi e già nel 1988, anno successivo a quello di produzione, si aggiudica la prima edizione del Mondiale Superbike per derivate di serie con il californiano Fred Merkel che ripete l’impresa anche nel 1989 dimostrando al mondo il livello tecnico raggiunto dalla nuova superbike di Tokyo.
Il progetto RC30 è frutto dell’esperienza Honda maturata nel mondo delle competizioni quando, con la RS850R e la RS750 rispettivamente del 1983 e del 1984, si aggiudica il mondiale TT F1 Con Joey Dunlop (team Honda Britain) ed il Mondiale Endurance con la coppia Gerard Coudray e Patrick Igoa (team Honda France). A seguito di problemi tecnico/dinamici sorti in seguito, il reparto HRC presenta la RVF750 spinta dal motore V4 della VF750F inserito in un telaio doppio trave perimetrale in alluminio, forcella e mono Showa ed impianto frenante Nissin; la nuova moto vince la 8 Ore di Suzuka dopo un duello serrato con la Yamaha FZR750 Tech21. Nella medesima gara assistiamo – su un’altra RVF – all’utilizzo del primo forcellone monobraccio che consente un più rapido cambio della ruota posteriore e che, dal 1986, verrà installato con successo su tutte le moto da gara ufficiali.
La nuova versione vince anche il Mondiale F1 con Joey Dunlop ed ancora, la coppia Gerard Coudray e Patrick Igoa, si aggiudica il Mondiale Endurance. Alla RVF viene affiancato un prototipo di HRC denominato “6X” che non è altro che una VFR750F preparata ad hoc per prendere parte a diversi campionati tra i quali quello Americano ed il TT dove assistiamo ad una sfida fratricida con la rodata RVF750. Honda rallenta lo sviluppo delle due moto a cavallo tra l’86 e l’87 poco prima che la FIM dia il via, nel 1988, allo storico Campionato Mondiale Superbike. Con l’intento di sviluppare una moto specifica per prendere parte a questa nuova competizione, l’ing. Matsumoto ed il suo team, lavorano allo sviluppo di quel progetto che prenderà il nome di RC30. Presentata ai giornalisti in una piovosa giornata di luglio del 1987, la VFR750R è una replica stradale della plurivittoriosa RVF750 che, nel frattempo, inizia a conoscere la strada del declino, complici gli sforzi del team HRC in direzione della RC30.
La nuova VFR750R – questo il nome “ufficiale” adesivato sulle carene – è a tutti gli effetti una moto da competizione con fari, frecce e specchi: il V4 eroga ben 112 cv ed il peso resta contenuto in soli 185 kg a vuoto (numeri incredibile per l’epoca). La moto è il risultato di uno studio approfondito portato avanti tra Honda R&D ed il reparto HRC che, contestualmente al piano di produzione in serie per i mercati principali, prepara un kit racing specifico per la trasformazione della moto in una mezzo da competizione. La RC30 è stata la prima moto prodotta in serie a essere dotata di frizione antisaltellamento che vedremo apparire su altri modelli a più di 10 anni dal suo primo utilizzo. Dimensioni e maneggevolezza sono tipiche di una 250 o di una 400 dell’epoca, tanto è vero che le differenze di ingombri con la NC30 sono talmente minime da passare inosservate. Prodotta in 3.500 esemplari (1.000 dei quali destinati al mercato giapponese) ed in sola configurazione monoposto, è andata a ruba pur avendo un prezzo di listino quasi doppio (ben 22 milioni di lire) rispetto alle concorrenti dell’epoca: le prime 30 VFR750R sono uscite dalla fabbrica senza luci, specchi e frecce ma con kit ufficiale HRC già installato e carene verniciate in bianco, a sottolineare la vocazione corsaiola di questo modello. Le rimanenti sono state commercializzate nella colorazione ufficiale HRC che preveda già allora la classica livrea bianca, rossa e blu. Quando la RVF750 spopolava nel mondo delle competizioni vincendo nei campionati più disparati, la RC30 arrivò per interpretare appieno la volontà di Soichiro Honda il quale ha sempre voluto dimostrare al mondo intero cosa fosse in grado di produrre la sua azienda: la miglior Superbike del pianeta.
Il telaio della RC30 è un’opera d’arte: realizzato con l’intento di ottenere la massima rigidezza e leggerezza possibile, è di tipo perimetrale in alluminio uguale a quello della RVF750 utilizzato nelle competizioni F1 ed Endurance del 1986. Ha subìto alcune modifiche ed è stato rinforzato in punti chiave pensando anche ad un utilizzo stradale. I due travi superiori discendenti – ottenuti per estrusione – sono resi più rigidi grazie a due nervature interne che ne irrobustiscono la struttura scatolata; il canotto di sterzo e le piastre laterali di sostegno del propulsore invece, sono ottenute per fusione e vengo saldate successivamente alla struttura stessa. Il telaietto reggisella è imbullonato al telaio principale ed il forcellone monobraccio di tipo Pro-Arm (brevetto Elf France in esclusiva per Honda) derivato dalle competizioni, è un elemento di prestigio che evidenzia ulteriormente l’impostazione racing di questo ricercato modello. La RC30 è una moto costruita senza compromessi, con il solo obiettivo di generare prestazioni incredibili.
Imperniato al telaio troviamo il potentissimo (ovviamente sempre considerato il periodo) e raffinato quattro cilindri a V di 90° bialbero di 747,75 cc: un propulsore praticamente realizzato a mano e caratterizzato da bielle in titanio – materiale utilizzato per la prima volta su una moto prodotta in serie – albero motore monolitico con fasatura a 360° anziché a 180° e ordine di scoppio dei cilindri 1-4-3-2, distribuzione a numero di ingranaggi ridotto per una maggior precisione della fasatura ed una consistente riduzione delle possibili perdite. L’inedita fasatura regala una erogazione lineare e senza strappi, per un’esperienza di guida emozionate. Il radiatore sdoppiato dal profilo curvo è stato studiato a Suzuka, rigorosamente in pista, ad andature superiori ai 100 km/h, motivo per il quale si dimostrò presto sottodimensionato per l’utilizzo nel quotidiano, in città, tra i semafori: molti possessori infatti, lamentavano un eccessivo surriscaldamento, pur avendo due generose ventole di raffreddamento montate frontalmente nella parte superiore delle superfici radianti. La potenza viene trasferita a terra tramite il pneumatico posteriore da 18” abbinato al classico anteriore 120-70 17”; chi ne possiede una ancora oggi, al momento del cambio gomme deve obbligatoriamente rivolgersi a Dunlop o a Bridgestone che offrono rispettivamente il Roadsmart III o il Battlax BT-54 nella particolare misura 170/60-18 al posteriore.
Pur essendo la base di partenza per ottenere una moto pronto pista, la manutenzione atta ad un utilizzo stradale richiede sì attenzione, ma non ai livelli che si possono immaginare: ogni 6.000 km è previsto un controllo di routine dei liquidi freni e frizione, il controllo delle candele e la sostituzione dell’olio con contestuale pulizia del filtro benzina. A 12.000 si cambiano filtro olio e candele, si controlla il corretto serraggio della bulloneria ed il livello del liquido di raffreddamento. A 18.000 è necessario sostituire il liquido della frizione, dei freni ed il filtro dell’aria. Nulla di invasivo insomma.
Ad oggi, la Honda VFR750R-RC30 è un pezzo da collezione che può raggiungere prezzi d’acquisto davvero elevati. Nel caso si decida di acquistarne una, è bene vagliarne più di un esemplare ed eseguire controlli certosini prima di procedere con la trattativa: molti veicoli hanno preso parte alle competizioni e poi sono stati “rivestiti” con la componentistica originale. Altre invece, sono in perfetto stato di conservazione e la cura per i dettagli non tradiranno l’occhio esperto di un appassionato interessato all’acquisto.
L’ideale, come spesso accade, è recarsi sul posto ed analizzare l’esemplare con un meccanico o comunque con una persona competente in materia che sappia capire, dai particolari, se finalizzare l’acquisto o meno. E per una moto che – in buono stato – ha quotazioni di mercato che si aggirano attorno ai 30.000 Euro, è bene prestare attenzione. Molta.