Il “marziano” prendeva spesso visiere da casco e le legava con nastro adesivo alle ginocchia, o più semplicemente si nastrava la parte interessata. Così, Kenny , Barry ed i loro successori riuscivano ad avere un punto d’appoggio in piega e regolare la traiettoria in curva. Le tute però si rovinavano in fretta, e mentre i piloti impararono a buttare il ginocchio a terra le case d’abbigliamento si diedero da fare per produrre tute con le saponette, da principio in pelle. Col passare degli anni gli slider sono stati prodotti in diversi materiali, fino ad arrivare al Teflon che usiamo oggi, un materiale che permette di scivolare bene sull’asfalto e non si consuma troppo in fretta.
Il ginocchio a terra è un buon sensore, ci aiuta a capire il nostro angolo di piega meglio di quanto possiamo fare semplicemente guardando l’asfalto, che a quelle inclinazioni sembra sempre maledettamente vicino. Poi ammettiamolo, grattare le ginocchia è una soddisfazione un po’come farsi i calli per la chitarra, ma se i chitarristi cercano il sangue tra le dita negli assoli più violenti, i piloti cercano di strisciare il gomito sull’asfalto come vedono fare in MotoGP e Superbike.
Sulle moto di ultima generazione vediamo lo sviluppo della tecnica, con elettronica precisa e raffinata, proveniente dalla classe regina e portata su grande scala per tutti gli appassionati, e così succede anche per lo stile di guida. Le nostre moto però, per quanto siano preparate e moderne, non si avvicineranno mai alle MotoGP di oggi. Quindi la domanda che ci esce spontanea è se oltre ad alzare il gomito, i motociclisti dovranno anche imparare ad abbassarlo davvero.
Se infatti è vero che ora le moto di serie sono lontane anni luce da quelle del mondiale, è anche vero che l’elettronica si sta evolvendo molto in fretta permettendoci lussi che qualche anno fa erano impensabili. La conclusione è che, per andare davvero forte, la curva a gomito diventerà d’obbligo per gli smaliziati nel giro di qualche anno ma adesso è una cosa che va cercata, inseguita, che chi si ricorda SuperWheels ha visto fare ad un grande tester nella prova della prima Yamaha R1 (a carburatori) ovviamente senza elettronica.