La nuova era delle supersportive, con 200CV e dotazione elettronica spaventosa, è iniziata già da un po’. Suzuki non è stata tra le prime a partire -anche a causa di un terremoto che ha sconvolto gli stabilimenti in Giappone- ma quando è arrivata ha catalizzato l’attenzione del pubblico. D’altronde, il marchio GSX-R esiste da più di trent’anni, ed è stato un punto di riferimento tra le sportive per più di una generazione. Dopo aver visto la moto sotto forma di concept ad EICMA e considerando sforzi e successi di Suzuki in MotoGP, le aspettative per la nuova GSX-R erano alte. Di contro, leggendo i dati di questa nuova Suzuki GSX-R 1000 -esiste anche la versione R- le attese sembrano essere state ripagate.
La supersportiva di Hamamatsu si rinnova in tutto, dal motore da 202CV al comparto ciclistico, senza dimenticare elettronica e design.
Partiamo da quest’ultimo, forse meno importante, passo in avanti: La nuova GSX-R è ora più stretta di 20mm nel punto più largo del serbatoio, diventa leggermente più lunga e perde gli specchi con indicatori di direzione integrati. Le bocche dell’airbox sono più ampie ma mantengono il disegno originale, mentre il faro centrale è più contenuto e d’impatto.
Tra i particolari che contraddistinguono la versione R, i fari diurni a LED che fanno la figura di due baffi felini sul frontale. La forma del cupolino poi è più moderna, quindi più stretta ed alta rispetto alla vecchia versione. Quello che a primo impatto lascia perplessi è il voluminoso terminale di scarico, che però permette di rispettare le normative Euro 4 e ci ricorda un po’ i pezzi a canna lunga che montavano le sportive di circa 15 anni fa. Bella la coda, che appare più solida e quantomeno praticabile rispetto ad alcune tra le dirette concorrenti.
Il motore è un quattro cilindri in linea raffreddato a liquido con doppio albero a camme in testa, capace di 202CV e 117Nm di coppia massima. L’erogazione migliora sensibilmente agli alti, senza però perdere a regimi meno elevati. La caratteristica più rilevante del propulsore, più compatto rispetto al precedente, è di certo la VVT, ovvero la distribuzione a fasatura variabile. Il sistema di per sé non è un’invenzione, è più che altro il modo in cui è stato applicato ad essere notevole. È infatti compatto, semplice e leggero, oltre ad avere un’attivazione piuttosto meccanica ed a costo zero in termini di potenza. Lavorando con un sistema di forze centrifughe, dodici sfere in metallo si spostano verso l’esterno delle camme di aspirazione quando il motore gira particolarmente veloce, modificando così la fasatura delle valvole e migliorando la spinta ad alti regimi. È un sistema che Suzuki ha sempre utilizzato in MotoGP e che -a differenza ad esempio di un V-Tec- non si avverte durante alla guida.
Cambiano radicalmente anche i corpi farfallati, più corti di 19mm ma più larghi comandati dal Ride by Wire. Suzuki ha poi optato per due iniettori per cilindro, di cui un primario che lavora ad ogni regime ed un secondario, posto direttamente nell’airbox, che interviene ad alti regimi. Il quattro cilindri frontemarcia poi è stato spostato verticalmente di 6°, in modo da offrire angoli di piega più elevati. Complessivamente, è 22mm più corto e 6mm più stretto di quello montato sull’ultima versione.
Le novità a livello motoristico non si fermano qui, ma elencarle tutte potrebbe diventare soporifero per la maggior parte dei lettori.
Ciò che conta è che anche sul piano ciclistico la moto è stata stravolta, a partire dal telaio e continuando con il forcellone -ora più rigido- senza dimenticarsi delle sospensioni. La GSX-R 1000 monta una forcella Showa BPF all’anteriore ed un mono ammortizzatore completamente regolabile sempre marchiato Showa, mentre per la più sofisticata versione R le sospensioni sono pressurizzate a gas anche per quanto riguarda la forcella. Non è presente la regolazione elettronica delle sospensioni, che in ogni caso sarebbe più adatta su di una moto da turismo.
Ciò che non manca invece, è una piattaforma elettronica degna di Isaac Asimov. La moto è controllata dalla piattaforma inerziale IMU che lavora in sei direzioni per tre assi, ovvero controllando alleggerimenti di anteriore e posteriore, angoli di piega e pattinamento del posteriore, così come la “chiusura” dell’anteriore.
A questo si aggiungono tre mappature (A, B, e C dalla più aggressiva alla più dolce) e dieci diversi livelli di intervento per il Traction Control. Dall’1 al 4 è progettato per correre in pista, dal 5 all’8 è pensato per strade di misto e città e le ultime due sono per fondi a bassa aderenza. Ovviamente -si fa per dire- le mappature lavorano in maniera autonoma rispetto al TC. Sulla più sportiva R poi, si aggiungono il cambio elettro assistito con blipper (anche in scalata) ed il Launch Control. Il tutto viene selezionato attraverso i blocchetti della strumentazione interamente digitale, in nero su bianco per la GSX-R 1000 e viceversa per la GSX-R 1000 R.
Per il reparto frenante Suzuki ha scelto Brembo, con dischi da 320mm all’anteriore con nottolini flottanti alternati da T-drive, in modo da ottenere la massima resa con il minimo peso. Anche la pinza arriva dal chilometro rosso, è un monoblocco ad attacco radiale con quattro pistoncini.
Colorazioni e prezzo
Sono tre le colorazioni disponibili per la Suzuki GSX-R 1000 e due per la GSX-R 1000R, con il “Metallic Triton” della MotoGP disponibile in entrambi i casi. Il prezzo delle due moto -che debutteranno nei concessionari nella primavera del 2017- è ancora secretato, ma secondo la casa sarà piuttosto inferiore alla concorrenza.