Lascia tutti a bocca aperta anche dopo otto anni e si evolve in questa sua seconda generazione. Il motore, che ora ha funzione portante, sale a 1262 cc, guadagna una erogazione più lineare e spostata verso il basso. In sella migliora ancora è stupisce nel misto, dove se la gioca con le moto più sportive
Ducati Diavel 1260S – ha lasciato il mondo a bocca aperta alla sua prima apparizione 8 anni fa e continua a farlo anche oggi, con la sua seconda generazione. Si tratta di un modello atipico, tanto che infilarla in una comparativa può essere solo una forzatura. Lei è una power cruiser nelle forme, una naked sportiva nella sostanza, con alcuni elementi esagerati, come la gomma da 240 al posteriore, tanto per fare un esempio. Mentre la Diavel X è cruiser a tutti gli effetti e si guida a piedi in avanti, qui le pedane sono dove se le aspettano i motociclisti duri e puri.
La nuova Diavel mantiene il suo carattere unico e le proporzioni del 1200 che rimpiazza, con la zona del serbatoio e del motore ad occupare la porzione più importante, mentre il codino posteriore è minuscolo, come sottolinea anche il maniglione per il passeggero a scomparsa, per renderlo ancor più compatto quando si viaggia da soli. Si solleva la sella e basta tirare un pomello per sbloccare il meccanismo che permette di far scorrere la guida della maniglia.
Troviamo poi l’enorme gomma posteriore, una Pirelli Diablo Rosso III in misura 240/45 17, mentre all’anteriore il faro full led guadagna una firma luminosa con la luce diurna a forma di ferro di cavallo. Nuovo anche il quadro strumenti, che ora sfoggia un TFT a colori, posto sotto al manubrio, mentre sopra troviamo la classica striscia di spie. L’esemplare in prova è poi impreziosito da dettagli in carbonio, come i parafanghi, oltre a raffinati accessori Rizoma, dal tappo serbatoio decisamente fuori dagli schemi, a coperchi per i serbatoi del liquido freni e frizione, passando per le cover dei coperchi laterali del motore.
Diciamo che “l’effetto wow” alla Diavel non è mai mancato e la nuova 1260 stupisce tutti anche “liscia” e senza optional, ma così la qualità percepita e l’esclusività sono ai massimi livelli. Difficile trovarle qualcosa di sottotono, in un contesto davvero ben curato e realizzato, con un mix di componentistica al top e di design, che è valso alla Diavel numerosi riconoscimenti durante la sua carriera.
Se guardandola la Diavel sembra una di quelle moto “da salone”, un oggetto tanto bello da giustificarne l’acquisto anche solo per sfoggiarla da ferma, basta osservarle meglio per capire che non è solo apparenza. In definitiva lo si scopre e si rimane sorpresi solo guidandola, ma anche sulla carta la Ducati Diavel 1260 (soprattutto in questa versione S), dichiara senza remore le sue velleità sportive.
La grossa novità della nuova 1260, dal punto di vista della ciclistica, è che sfrutta sempre il noto telaio a traliccio in tubi d’acciaio, mentre il motore è diventato elemento stressato. Quella S alla fine del nome del modello si traduce poi nella presenza di pregiate sospensioni Ohlins. Il cannotto di sterzo vede una nuova geometria, chiuso di un grado (sono ora 27 invece di 28) per favorire la maneggevolezza e la reattività, ma anche per compensare l’interasse salito a 1.600 mm (+15). Due generosi dischi da 320 mm con pinze Brembo M50 (M4.32 per la 1260 standard) pensano a frenare i 244 kg in ordine di marcia (218 a secco – erano 210 sul 1200), mentre l’ABS è di tipo cornering, grazie alla presenza della piattaforma inerziale a 6 assi.
Si alza l’asticella proprio sul fronte elettronica, che può gestire la trazione, l’antiwheeling, ma mette anche a disposizione il launch control per chi volesse partire al semaforo come in una gara di accelerazione. E di prestazioni, da questo punto di vista, ce ne sono in abbondanza. Il nuovo cuore è infatti il Testastretta DVT da 1262 cc, con fasatura variabile (sia lato scarico che aspirazione) e che guadagna anche il quick shift bidirezionale (di serie sulla 1260 S). La potenza è di 159 cavalli (3 in meno del vecchio 1200, sempre erogati a 9.500 giri), ma la coppia di 129 Nm (erano 130) arriva 500 giri più in basso, a quota 7.500 invece di 8 mila. A cambiare però sono soprattutto i medi, lo vedremo nel dettaglio, con una curva di erogazione decisamente più piena. Nuovo tutto lo scarico, che sparisce in una zona lontana dalla vista, lasciando il motore come assoluto protagonista e mostrando solo i due aggressivi terminali sul lato destro della moto.
I riding mode Sport, Touring e Urban influiscono non solo sull’erogazione e sulla taratura dei vari parametri dell’elettronica (preimpostati, ma comunque tutti personalizzabili a piacimento), oltre che sul layout della strumentazione. Il livello dell’elettronica è salito, con parametri a disposizione che sembrano essere quelli di una Panigale, piuttosto che di una Cruiser, a testimonianza della sportività della Diavel 1260. Tanto per fare un esempio, il Ducati Traction Control Evo è regolabile su otto livelli, separato dal controllo di impennata, anch’esso con 8 livelli, mentre ne ha tre il launch control.
Poche altre moto sono così “strane” come la Diavel. Ogni volta che arriva una novità, lei è la regina del salone (lo è stata ad Eicma in più di un’occasione) e gli occhi sono tutti puntati su di lei. Bella lo è oggettivamente, anche per chi non sia un appassionato del genere, ma poi, in concreto, la Diavel non è per tutti. Non lo è per una questione di prezzo, non lo è perché un po’ a tutti appare più idonea al mercato americano piuttosto che al nostro. Invece salendoci in sella lei rimescola clamorosamente le carte, perché ti immagini una moto “gnucca”, pesante e a suo agio su strade dritte, ma sotto ad una certa velocità non offrendo protezione aerodinamica. In concreto ti aspetti che una moto così sia bella da guardare, decisamente meno da guidare. Nulla di più sbagliato, lei è straordinariamente appagante, lo sanno tutti quelli che abbiano avuto il piacere di guidarne una, mentre si alza ulteriormente l’asticella con questa seconda generazione. Se poi la scegliete in versione “S” sospensioni, freni ed altri dettagli migliorano ancora l’esperienza di guida.
Va detto che sembra uguale a se stessa, ma cambia molto, pur mantenendo un filo comune con il vecchio modello. Telaisticamente la novità più eclatante è che il traliccio sopra al motore non c’è più, sostituito da una struttura più ridotta che sostiene l’avantreno unendolo al motore, che diventa quindi elemento portante. Nella zona posteriore al propulsore è poi fissato un nuovo telaietto in alluminio per la sella, mentre nella zona inferiore due piastre forgiate lo uniscono al forcellone monobraccio.
Tutto questo si traduce, alla guida, in una evoluzione importante, non in una rivoluzione, perché la Diavel si conferma una moto sorprendente, ancor di più. Se guardando il 240 montato al posteriore vi immaginate una moto impacciata, trovarsi a 41 gradi di piega (stando all’applicazione installata sul cellulare anche 43-44, se non vi infastidisce grattare le pedane) in assoluta scioltezza, mette la Diavel in un segmento senza concorrenza. Solo nei tornanti più stretti o nei più rapidi dei cambi di direzione ci si può accorgere delle sue quote e serve un po’ di sforzo fisico per spingerla al limite, mentre già in curve da seconda marcia lei si comporta come una scarenata aggressiva, con il gradevole plus di non richiedere alcuno sforzo fisico o mentale, perché tutto avviene nel massimo relax e comfort.
In sella la posizione è infatti comoda e naturale, la sella è a 780 mm da terra e solo le braccia hanno una posizione un po’ allungata in avanti verso il manubrio, come ti aspetteresti da una cruiser, ma basta chinare leggermente il busto in avanti ed ecco che la triangolazione con pedane e sella si fa quasi da sportiva, con tutto sotto controllo, ma senza sacrificio alcuno in termini di comodità. Tra le gambe il grosso serbatoio da 17 litri, è l’unico elemento che ci ricorda che siamo in sella ad una moto con un interesse di ben 1.600 mm, perché forzando l’andatura tutto è da naked aggressiva. Sarebbe interessante metterla a confronto con una Monster 1200, perché l’impressione è che la Diavel possa fare “le stesse cose”, senza fatica. Sono sempre all’altezza la frenata, la precisione di guida, la stabilità, ma anche la rapidità nei cambi di marcia, che sorprende, a patto di non esagerare troppo (altrimenti, come detto, la guida diventa un po’ più fisica). Nel misto da seconda e terza marcia l’impressione e che ben poche moto possono darle filo da torcere, questo anche per una erogazione molto regolare e con una spinta importante fin da circa 4 mila giri. Sotto questa quota il 1260 tende a strappare, mentre allunga fino a quota 10 mila. Si può sfruttare la sua schiena senza tirare troppo le marce, o farlo urlare fino a limitatore, è solo questione di gusti. Di fatto il range migliore per sfruttarlo è compreso da 4 a 8-9 mila giri, ma si può anche giocare di più con il cambio e tenerlo nella fascia 4-7 mila, proprio dove i tecnici Ducati le hanno regalato circa 10 Nm ed altrettanti cavalli in più. Tutto questo sia in modalità Sport o Touring, senza grosse differenze tra le due. Solo la Rain è più conservativa e riduce la potenza massima a 100 cavalli. Potete poi sbizzarrirvi a modificarne la configurazione, lasciando magari libera la ruota anteriore di alzarsi ogni tanto, oppure tenere monitorati i vostri itinerari registrandoli attraverso l’applicazione (Ducati Link App) che permette alla Diavel di colloquiare con il proprio cellulare.
Ottima la visibilità del nuovo quadro strumenti TFT a colori, piccolo ma completo, mentre un eventuale passeggero, malgrado una coda tronca figlia di un design di impatto, non sta affatto scomodo sulla Diavel 1260.
I prezzi sono di 19.990 euro per la nuova Ducati Diavel 1260, che salgono a 22.990 per la “S” da noi provata, che guadagna le sospensioni Ohlins, il quick shift e le pinze freno anteriori M50. Inutile dirvi che per una moto esagerata come questa parlare di prezzo elevato è quasi fuoriluogo, come testimonia il fatto che Ducati ha sempre venduto più “S” che standard, malgrado il costo maggiore. E di Diavel ne sono state vendute più delle previsioni iniziali.
Una nota ai consumi, che rispetto ad un dato dichiarato in ciclo combinato di 5.4 litri per 100 Km (circa 18.5 km/l) non si discostano molto nell’utilizzo reale. Nemmeno strapazzando il nuovo 1260 siamo infatti riusciti a scendere sotto quota 16 km/l, mentre “normalmente” è più facile attestarsi sui 17-18 con un litro.
Alla fine ogni volta che saliamo in sella ad una Diavel finiamo per pensare che questo bel giocattolo, nato quasi per provocazione e che in pochi credono possa giustificare il suo non esiguo prezzo d’acquisto, diventa più razionale ed interessante nel concreto. Circa 23 mila euro ben spesi quindi, perché dal nostro punto di vista non rinunceremmo mai a ciò che la Diavel 1260S offre in più rispetto alla standard.
Casco: X-Lite X-903 Ultra Carbon
Giacca: Alpinestars Meta Drystar
Guanti: Alpinestars Rayburn
Jeans: Alpinestars Double Bass Denim Jeans
Scarpe: Alpinestars Jam Drystar