Suzuki GSR 750 – Test ride

Test ride. Il segmento delle naked, almeno in Italia, è indubbiamente uno di quelli di maggior successo, motivo che spinge le case motociclistiche a preparare una propria interpretazione di questo segmento, interpretazione che alla Suzuki risponde al nome di GSR.
La prima Suzuki GSR era una moto da 600 centimetri cubici, dall’aspetto avveniristicamente manga e con un bel motore che, sopra i 6.000 giri, regalava buone iniezioni di divertimento ed adrenalina, mentre, se guidato più docilmente, si prestava volentieri ad essere il mezzo ideale per viaggi o spostamenti urbani.
Sarà stata la voglia di attaccare la leadership di vendite della Kawasaki Z750, sarà stato che si sentiva l’esigenza di performance più brillanti, fatto sta che all’EICMA di questo inverno abbiamo visto, per la prima volta, la Suzuki GSR750.
L’idea che ha segnato il passo del cambiamento, era quella di creare una moto che suscitasse interesse per quanto riguarda l’estetica e la rifinitura, ma che sapesse anche regalare le emozioni delle performance di una Supersport.
Per svolgere la prima parte del compito, il designer giapponese, si è rifatto direttamente al suo background culturale, ossia a quel mondo di robot e astronavi che hanno segnato la cultura giapponese degli ultimi trent’anni, senza trascurare, ci ha confessato dopo la cena di presentazione, un pizzico di Star Wars.
Se esteticamente abbia fatto centro o meno, sta a voi sentenziarlo; quello che abbiamo potuto appurare provandola e riprovandola, è la particolare cura che alla Suzuki hanno messo per curare i particolari, per dare una sensazione di dinamismo e di cura dei dettagli, proprio affinché la moto possa cogliere quanti più sguardi d’ammirazione possibile.
Per quanto riguarda le performance da Supersport, invece, si poneva la questione di come riprogettare il motore. Una considerazione deve essere balzata spontanea alla mente di qualche dirigente che, più o meno, deve aver affermato “ma accidenti, se siamo i più esperti costruttori di 750, aumentiamo la cilindrata e usiamo come modello uno dei nostri cavalli di battaglia!”.
Probabilmente la frase in giapponese dev’essere suonata ben diversamente, ma nei fatti questo è quanto è stato fatto per realizzare la GSR750: si è preso il motore della sorella sportiva GSXR 750 K5, lo si è modificato (apportando anche le migliorie dell’ultima versione di GSXR 750) e lo si è incastonato in un telaio compatto e bilanciato che ne potesse esprimere al meglio l’aggressività.
Si è aumentata la capienza del serbatoio, portandola a 17,5 litri, si sono aggiunti gli stop a LED, si sono ulteriormente centralizzate le masse, è stata migliorata del 10% l’efficienza di combustione e la moto, in definitiva, ha preso vita abbastanza facilmente, o almeno così sembrerebbe.
In realtà di lavoro ce ne dev’essere stato molto, perché aumentando la cilindrata di 150 cc, aumentando il serbatoio e mantenendo più o meno invariate le altre quote, il peso si è mantenuto pressoché lo stesso, invece di levitare vertiginosamente, andandosi a fissare a 210 chilogrammi in ordine di marcia (ossia con tutti i liquidi, benzina inclusa).
In questo generale cambiamento, una sola cosa non c’ha fatto fare i salti di gioia, un piccolo particolare, puramente estetico, che forse si sarebbe potuto fare meglio: il forcellone.
La vecchia GSR 600, infatti, si distingueva dalle concorrenti perché presentava un forcellone con una capriata, forse più di valenza estetica che funzionale, che la discostava dagli economici forcelloni “scatolati” delle altre naked, facendolo sembrare un po’ più “italiano” nello stile e nella personalità. Nella nuova GSR750 ritroviamo, invece, l’ormai classico “forcellone scatolato” che un po’ stride con il look fantascientifico globale; se da un punto di vista funzionale, non ci sono differenze sostanziali, è pur vero che forse si poteva continuare ad usare il vecchio forcellone, un po’ meno anonimo.
Ma se è vero che anche l’occhio vuole la sua parte, è altrettanto vero che la parte principale spetta alla parte dinamica e alla manetta, motivo per cui Suzuki ci ha portato sulle splendide strade andaluse a provare questa nuova naked 750, di cui, di seguito, vi diciamo le impressioni di guida.

In strada. Nonostante la lunga e comoda sella della GSR 600 abbia lasciato il posto ad un sellino singolo per il pilota, la GSR 750 accoglie subito con la stessa ospitalità della versione precedente: le gambe toccano bene a terra, anche quelle dei diversamente alti, le braccia rimangono neutre sul manubrio non troppo largo e la posizione invita ad essere leggermente protesi in avanti, avendo una postura già più sportiva. Il sound della GSR 750, che fuoriesce dalla nuova marmitta dal design rinnovato, si è fatto più cupo ed aggressivo, mentre la strumentazione ben leggibile, anche sotto la luce diretta, rimane una costante molto apprezzata.
Non indugiamo, inseriamo la prima, lasciamo gradualmente la frizione e ci ritroviamo subito in marcia.
La prima cosa che notiamo, e che notiamo con un certo piacere, è che nei bassi e medi regimi l’erogazione è stata abbondantemente migliorata: la GSR 600, superati i 6.000 giri/minuto, aveva, come dicono i più smaliziati, un bel tiro e le accelerazioni erano fluide e corpose, ma appunto dopo un’iniziale incertezza; la GSR 750, invece, comincia una progressione fluida e corposa già dopo i 2.500 giri, sembrando non volersi arrestare fino al limitatore e per poi riprendere subito appena si innesta la marcia superiore.
La migliorata capacità di avere scatto fin da subito e di poter raggiungere velocità ragguardevoli, è stata supportata anche da un buon lavoro sulla ciclistica.
In inserimento, percorrenza ed uscita di curva, la GSR 750 rimane sempre attaccata al terreno: stabile e precisa, una volta impostata la traiettoria e stabilito quanto gas dare, lei reagisce senza scossoni né incertezze. Altro punto a suo favore è il comparto dei freni che risultano essere assolutamente all’altezza del motore e garantiscono una buona sicurezza anche quando si va a tirare con una certa decisione la leva dell’anteriore.
Il comfort di guida, inoltre, appare molto buono per essere una naked: non solo non si avvertono vibrazioni fino ai 10.000 giri, e si tenga presente che solo se si vuole correre si porterà il motore a girare così in alto, ma anche il vento non risulta essere così fastidioso come ci si aspetterebbe, segno che evidentemente l’aerodinamica è stata considerata e studiata e che, quindi, anche senza un cupolino, non si venga investiti da un muro d’aria quando si superano i 160 km/h, come invece di solito avviene sulle moto scarenate.
La velocità massima è un’altra piacevole sorpresa della GSR 750. È verissimo che in strada si deve sempre tenere la velocità sotto controllo, ma è pur vero che in certe circostanze, ad esempio in pista, è seccante percorrere un rettilineo ed arrivare in sesta al limitatore. In quest’ottica la GSR 750 sembra avere ottime potenzialità: quando rannicchiato sul serbatoio ho dato un’occhiata al tachimetro che segnava 224 km/h, sono stato superato da due colleghi che, quando gliel’ho chiesto, mi hanno detto di aver visto apparire, sui loro tachimetri, oltre 240 km/h.
Inutile dire di non provare la velocità massima in strada, noi abbiamo potuto farlo su un percorso chiuso al traffico, ma a parte l’uso in pista è bene non andare a stuzzicare troppo la piccola giapponese.
In definitiva, la Suzuki GSR 750, ottiene i risultati che i progettisti si erano prefissati: una moto sempre adatta agli spostamenti urbani ed alle gite fuori porta, che può essere usata anche per viaggiare (con un po’ di spirito di sacrificio… nonostante tutto è pur sempre una naked) e che sa regalare in ogni momento ottime sensazioni di sicurezza e stabilità, coniugate a prestazioni da sportiva.
Come detto in apertura, il lato estetico starà a voi giudicarlo, nelle tre colorazioni disponibili (bianco, rosso e nero), mentre per il prezzo bisognerà aspettare.
La Suzuki, infatti, ha stabilito il prezzo, franco concessionario, a 8.190 €, lasciando però liberi i rivenditori di modificarlo: questo significa che, presumibilmente, la GSR 750 si troverà in vendita a prezzi ben più concorrenziali e i concessionari ritoccheranno verso il basso il prezzo per poter spodestare la Z750 e per dare un duro colpo alle altre concorrenti.

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