MotoGP – Sepang, a metà circa del secondo giro della MotoGP Marco Simoncelli nel tentativo di tenere in pista la sua Honda attraversa la traiettoria di Colin Edwards e Valentino Rossi che stavano sopraggiungendo. Entrambi in piena accelerazione investono moto e pilota, scaraventando il casco di Marco sul prato mentre il pilota resta steso sulla pista, immobile. La gara viene prima sospesa e poi cancellata, mentre dal centro medico le poche notizie che trapelano non fanno sperare niente di buono. Alle 11 circa, ora italiana, viene comunicato ufficialmente il decesso di Marco.
Un incidente strano, anomalo, dove gli investitori non hanno alcuna responsabilità ma che certamente peserà sull’animo e sul cuore di chi, per quanto involontariamente, ha causato la morte di un amico. Sul collo di Marco sembra ci fosse il segno di una gomma, forse proprio quella del suo amico Valentino, visibilmente colpito fin dalle prime immagini dai box mentre racconta a Loris Capirossi che lo ha raggiunto la dinamica dell’incidente.
Marco lo abbiamo incontrato in diverse occasioni per via del nostro lavoro. Al centenario della Gilera, da campione del mondo della 250 o come testimonial per la casa con cui correva. Pochi incontri sufficienti però a farci capire che lui era esattamente così come lo si vedeva, forse un po’ più riservato, quasi timido, più di quanto non potesse sembrare vedendolo in televisione.
Vivere in diretta a migliaia di chilometri questa tragedia ci ha segnato. Non ci vergognamo delle lacrime che spontaneamente sono scese, come se fosse venuto a mancare un amico. Perché Marco era così, talmente diretto e disponibile anche solo a scambiare quattro chiacchiere per commentare una gara o le prestazioni di un’auto da farlo sentire subito vicino.
Non è retorica, ci mancherà, al di là dei suoi innegabili meriti sportivi e per l’ancora più brillante futuro che sembrava lo aspettasse.
Ciao Marco.