Incidenti stradali: calano di numero ma aumentano morti e feriti gravi

Questi i dati dell’indagine 2015 di Aci ed Istat: cala il numero di incidenti (173.892 contro i 177.031 del 2014, – 1,8%), ma, per la prima volta in 15 anni, aumentano morti e feriti gravi (+ 1,1% e + 6%). Il rapporto tra feriti e decessi sale da 4,4 a 4,7. Ed i costi sociali che ne derivano sono di ben 17,5 miliardi di euro.

Si allontana così “l’obiettivo 2020 “ che prevedeva di dimezzare tra 2010 e 2020 il numero di morti sulla strade Ue: sarebbe servita una diminuzione annua del 6,7%, non certo un aumento dell’1,1. L’Italia, come sempre, va male: con 56,3 morti per milione di abitanti, siamo al 14° posto nella Ue a 28.

Il 75% degli incidenti avviene su strade urbane ed 1 su 4 nei grandi Comuni, dove si registra un aumento del 9% delle vittime. Più morti anche tra i pedoni (+4%) e tra i motociclisti (+ 7,2%). La fascia d’età più colpita resta quella tra i 20 ed i 24 anni (con quasi 300 decessi), ma sono aumentati pure i morti tra i 30 ed i 34 anni (+16%). Male anche le autostrade (305 vittime, + 6,3%).

E’ una strage infinita (in dieci anni sulle strade italiane sono morte quarantamila persone, più del triplo dei soldati occidentali caduti nello stesso periodo in Iraq ed Afghanistan).

L’indagine Aci-Istat dice anche che nel 2015 sono state contestate 2.660.547 violazioni al limite di velocità, 189.096 mancati usi delle cinture e dei seggiolini per bambini e 148.764 usi di telefonini alla guida. La sproporzione è evidente: la velocità è rilevata da migliaia di apparecchiature fisse e spesso è usata dai Comuni per far cassa (con limiti ridicolmente bassi su strade ad alto scorrimento). Meglio sarebbe intensificare l’uso mirato di Autovelox e Telelaser nei punti davvero pericolosi per la circolazione.

Il numero di contestazioni degli altri due casi è troppo basso: ogni giorno, infatti, ciascuno di noi vede ovunque decine di persone che gesticolano mentre guidano col cellulare incollato all’orecchio e bambini che viaggiano addirittura in piedi sui sedili!

Le “ricette” per arginare il fenomeno sono note, ma in gran parte inapplicate: educazione stradale in tutte le scuole, soprattutto per insegnare il rispetto degli altri; corsi di guida obbligatori per neopatentati e nuovi limiti di velocità (sovvenzionati pubblicamente, visto che un giorno in pista con gli istruttori costa minimo 350 euro); verifiche effettive sulle condizioni degli anziani che chiedono il rinnovo della patente (nel 2015 i decessi tra gli 80-84enni sono cresciuti dell’11%); e, soprattutto, una presenza intensiva delle Forze dell’ordine sulle strade, con controlli più numerosi e severi (specie contro la dilagante piaga della guida in stato d’ebrezza o sotto l’effetto di stupefacenti).

La “patente a punti”, infatti, non è più un deterrente ed anche il decreto sull’”omicidio stradale” richiede già una “calibratura” per evitare sperequazioni, punendo in egual misura comportamenti differenti. Ma servono anche strade meglio tenute, senza buche, con la segnaletica orizzontale ben visibile (in troppi tratti è inesistente) e quella verticale coerente con la realtà della strada (si vedono spesso in poche decine di metri cartelli contraddittori).

E che dire della mancanza di catarifrangenti sulla maggioranza delle strade comunali e provinciali o delle gallerie poco o per nulla illuminate? Insomma, serve uno sforzo collettivo, che però comincia dalla nostra condotta: non è solo un problema di velocità. La velocità diventa pericolosa quando non è adeguata alle condizioni del traffico, del fondo stradale e della visibilità: non possiamo chiamare “killer” la nebbia se la attraversiamo a 100 km/h.

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